Analisi

Biocarburanti, un nuovo ruolo nei trasporti italiani

Secondo un’analisi di I-Com (Istituto per la competitività) l’Italia stia puntando molto più di altri Paesi sui biocombustibili avanzati, ovvero quelli che in prospettiva avranno un ruolo chiave nella decarbonizzazione del Vecchio Continente.

Pubblicato il 04 Nov 2022

Una delle principali sfide che andranno vinte per realizzare la transizione ecologica è quella di ridurre l’impatto ambientale del settore dei trasporti e, per realizzare questo scopo, tra le tante soluzioni attualmente in campo, quella attualmente più alla portata sembra essere rappresentata dai biocarburanti. Questa categoria comprende una serie di combustibili realizzati a partire da biomasse, rifiuti, oli esausti, e altri prodotti organici attraverso due modalità di produzione principali:

  • la fermentazione, che permette di produrre sia combustibili liquidi che gassosi utilizzando camere di fermentazione nelle quali vengono introdotti i prodotti organici. In particolare, i primi sfruttano la decomposizione degli zuccheri per realizzare un olio di origine vegetale infiammabile, mentre nel secondo caso le masse organiche vengono date in pasto a batteri anaerobici che le decompongono rilasciando biogas;
    – la lavorazione, in cui attraverso il trattamento di oli vegetali (come palma, colza, soia, mais, ecc.) viene prodotto un liquido viscoso con proprietà simili a quelle del diesel.
    Un’altra importante distinzione da fare quando si parla di biocarburanti è tra quelli di prima generazione, che venivano prodotti dalla lavorazione di materie prime agricole utilizzabili a fini alimentari, e quelli definiti come “avanzati” che prevedono l’utilizzo di solo materiale organico non adatto all’alimentazione umana o animale e che non sottrae terreni agricoli a tali coltivazioni.

I Target europei e italiani sulla produzione di Biocarburanti

L’importanza della decarbonizzazione dei trasporti è certificata anche dall’importanza che gli è stata data nella programmazione europea. Il primo importante segnale in questa direzione è venuto con la direttiva RED I (2009/28) che ha introdotto per gli Stati Membri degli obiettivi stringenti circa l’aumento di utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. In particolare, per il settore dei trasporti la direttiva prevedeva il raggiungimento del 10% di quota rinnovabile entro il 2020. Tale obiettivo è stato poi ulteriormente innalzato attraverso la revisione della direttiva, ovvero con la cosiddetta RED II (2018/2001), e portato al 14% entro il 2030.

Per ridurre la competizione tra la filiera dei biocarburanti e quella alimentare, la normativa RED ha inoltre previsto che per i carburanti prodotti da rifiuti, residui, materie cellulosiche di origine non alimentare e materie ligno-cellulosiche sia consentito contabilizzare un contributo energetico doppio rispetto a quello degli altri biocarburanti, per questa ragione vengono definiti “double counting”. Inoltre, per i double counting avanzati sono previsti target dedicati.

Se questo è il programma disegnato a livello europeo, la pianificazione italiana relativamente alla decarbonizzazione dei trasporti risulta ancora più ambiziosa. Il nostro Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, pubblicato nel 2019 ha fissato una quota di rinnovabili nei trasporti ad almeno il 22% entro il 2030, il 38,6% del quale da raggiungere, secondo le previsioni, proprio attraverso i biocarburanti. Tra le mosse più concrete compiute dal Governo italiano per favorire la diffusione di questi combustibili troviamo gli 1,92 miliardi di euro previsti nel PNRR per lo sviluppo del biometano destinato anche al settore dei trasporti.

I Biocarburanti consumati in Italia nel settore dei trasporti

Per comprendere l’importanza che stanno assumendo i biocarburanti nello scenario nazionale è utile analizzare l’andamento del consumo italiano negli ultimi anni. Secondo i dati contenuti nell’ultima versione (pubblicata ad ottobre 2022) del rapporto “Energia nel Settore dei Trasporti” edito dal GSE, nel nostro Paese lo scorso anno sono state consumate circa 1,7 milioni di tonnellate di biocarburanti.

Il 91,4% del totale dei biocarburanti ammessi al consumo è composto da biodiesel, un combustibile che vanta tra i suoi principali vantaggi la riduzione di circa il 50% delle emissioni sia di o ossido di carbonio (CO) che di biossido di carbonio (CO2) rispetto al diesel tradizionale. Il secondo posto tra i biocarburanti più utilizzati è occupato dal Biometano che, sebbene al 2021 detenga una quota di appena il 6,8%, sta crescendo a ritmi esponenziali che potrebbero essere ulteriormente accresciuti dalle iniziative sopracitate previste nel PNRR. Al terzo posto troviamo il bio-ETBE (etil-ter-butil-etere), biocarburante prodotto dal bioetanolo, che detiene una quota di mercato dell’1,8%. Infine, all’ultimo posto figura il Bioetanolo il cui apporto, con una quota dello 0,004%, è però quasi inesistente. Interessante è inoltre notare come la quantità di biocarburanti avanzati sul totale di quelli ammessi in commercio si attesti nel 2021 solo sul 33,2% del totale, percentuale ancora ben lontana degli obiettivi che il nostro Paese ha individuato nel PNIEC.

Oltre l’86% dei biocarburanti ammessi al consumo nel 2021 risulta double counting, però di questi solo il 38,7% è avanzato, mentre la restante parte è rappresentata da oli alimentari esausti e grassi animali. Tra i biocarburanti double counting avanzati i principali sono l’effluente da oleifici che trattano olio di palma, che rappresenta il 14,2% del totale in commercio, e i rifiuti (12% del totale in commercio).

Altro aspetto importante da analizzare è relativo alla provenienza di tali carburanti che, secondo le analisi del GSE, è solo per il 36,2% italiana. Il principale fornitore di biocarburanti per il nostro Paese è la Spagna, che nel 2021 ci ha fornito il 27,8% del totale immesso in commercio, mentre le quote restanti sono distribuite in maniera più equilibrata, infatti, al secondo posto troviamo i Paesi Bassi con appena il 6,4%. Se osserviamo però l’origine della materia prima però il discorso cambia notevolmente, infatti, il nostro Paese in questo caso, con il 12,2%, appare solo al terzo posto dietro Cina (20,8%) e Indonesia (16,9%).

Un confronto europeo

Per comprendere come stia procedendo la diffusione di biocarburanti nel nostro Paese vale la pena di operare un confronto tra gli Stati Membri. Osservando i dati di consumo relativi al 2020 diffusi da Eurostat vediamo come, con 1,347 ktep, l’Italia si posizioni solo al quinto posto per biocarburanti utilizzati dietro Germania (3.391 ktep), Francia (2.645), Spagna (1.538) e Svezia (1.406). Se analizziamo la tipologia di biocarburanti utilizzati però lo scenario cambia radicalmente, infatti, mentre in quasi tutti gli Stati Membri si osserva una prevalenza di materie prime single counting, l’Italia risulta il primo mercato dell’Unione per biocarburanti double counting, il 22% del totale consumato in UE-27. Da ciò emerge come, nonostante il nostro Paese per consumi totali presenti un valore notevolmente inferiore ad altre grandi economie europee come Germania e Francia, l’Italia stia puntando molto più di altri sui biocombustibili avanzati, ovvero quelli che in prospettiva avranno un ruolo chiave nella decarbonizzazione del vecchio continente.

*Articolo apparso originariamente sul sito di I-Com (Istituto per la Competitività) 

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Domenico Salerno

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