Speciale COP27

COP27: il contenimento del climate change passa dallo stop al carbone

Un report della Iea evidenzia come per il contenimento del surriscaldamento a 1,5 gradi sia necessaria una rapida smobilitazione delle centrali elettriche a carbone

Pubblicato il 15 Nov 2022

Qual è la strada prioritaria per la decarbonizzazione del settore energia? La Iea, in un report rilasciato nel bel mezzo della COP27 di Sharm El Sheik, non ha dubbi: occorre trovare rapidamente delle alternative al carbone nella produzione elettrica, se si vuole dare una possibilità di limitare il riscaldamento globale entro la soglia critica di 1,5°C. Il carbone è infatti il più grande emettitore di anidride carbonica del settore energetico, con circa 15 gigatonnellate (Gt) nel 2021 ma al contempo è la più grande fonte di produzione di energia elettrica nel mondo, pari al 36% nel 2021.

Il report, denominato Coal in Net Zero Transitions: Strategies for Rapid, Secure and People-Centred Change, evidenzia come oggi ci siano circa 9 000 centrali elettriche a carbone in tutto il mondo, per complessivi 2185 GW di capacità. L’età media di questi impianti varia ampiamente in base alla regione, da una media di oltre 40 anni negli Stati Uniti a meno di 15 anni nelle economie in via di sviluppo in Asia. Nonostante lo slancio incoraggiante verso l’espansione dell’energia pulita segnalato dalla stessa Iea in un precedente rapporto, un grave problema irrisolto è come affrontare l’enorme quantità di asset di carbone esistenti in tutto il mondo. Eppure la stragrande maggioranza dell’attuale consumo globale di carbone (circa il 95%) avviene in paesi che si sono impegnati a raggiungere emissioni nette zero. Tuttavia, invece che diminuire, la domanda globale di carbone è rimasta stabile a livelli quasi record nell’ultimo decennio. In assenza di interventi, avverte la Iea, le emissioni degli impianti di carbone esistenti sarebbero in grado da sole di far superare al pianeta il limite di 1,5°C di surriscaldamento.

Il percorso verso la transizione energetica

In altre parole, la transizione energetica e climatica deve necessariamente comportare riduzioni precoci e significative delle emissioni legate al carbone. Il rapporto IEA chiarisce che non esiste un unico approccio per ridurre le emissioni di carbone: esiste senz’altro un gruppo di Paesi in cui la dipendenza dal carbone è elevata e le transizioni probabilmente saranno più difficili, tra cui Indonesia, Mongolia, Cina, Vietnam, India e Sud Africa.  Più in generale, le transizioni del carbone sono complicate dall’età relativamente giovane delle centrali a carbone in gran parte della regione dell’Asia del Pacifico. Le centrali a carbone sono spesso al riparo dalla concorrenza del mercato, in alcuni casi perché sono di proprietà di società pubbliche o semipubbliche, in altri case perché i proprietari privati ​​sono protetti da accordi rigidi per l’acquisto dell’ energia prodotta.

In linea di massima, però, il percorso è chiaro: un massiccio incremento delle fonti pulite di generazione di energia, accompagnato da miglioramenti a livello di sistema dell’efficienza energetica, è fondamentale per diminuire l’uso del carbone per l’energia e per ridurre le emissioni delle risorse esistenti. In uno scenario in cui gli attuali impegni nazionali sul clima vengono rispettati in tempo e integralmente, la produzione degli impianti globali a carbone esistenti senza sosta diminuisce di circa un terzo tra il 2021 e il 2030, con il 75% di esso sostituito da solare ed eolico. Questo calo della produzione di carbone è ancora più marcato in uno scenario coerente con il raggiungimento di zero emissioni nette entro il 2050 e la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 °C. Nello scenario Net Zero entro il 2050, il consumo di carbone diminuirebbe del 90% entro la metà del secolo.

Stop alle nuove centrali

Ovviamente altra precondizione per ridurre le emissioni legate al carbone è bloccare l’installazione di nuove risorse alimentate a carbone. Le approvazioni di nuovi progetti sono rallentate drasticamente nell’ultimo decennio, ma c’è il rischio che l’odierna crisi energetica spinga i Governi ad approvare nuovi progetti di centrali elettriche a carbone. Da un punto di vista tecnologico, secondo la Iea le tecnologie di cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio (CCUS)  offrono importanti potenzialità  mitigare le emissioni derivanti dall’uso del carbone sia nell’energia che nell’industria: nonostante attualmente ci siano soltanto cinque progetti CCUS in funzione, altri 23 sono attualmente in fase di sviluppo.

Michael R. Bloomberg, inviato speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite, ha dichiarato: “Le centrali elettriche a carbone sono in declino, ma non al ritmo di cui abbiamo bisogno per salvare vite e vincere la battaglia contro il cambiamento climatico. Aumentando gli investimenti nell’energia pulita, possiamo ottenere l’eliminazione completa delle centrali a carbone nelle economie avanzate entro il 2030 e nel resto del mondo entro il 2040. Dall’altro lato di questa transizione ci sono un’economia più forte e comunità più sane – e non c’è tempo da perdere per arrivarci. Questo rapporto speciale della Iea è una guida essenziale sui passi pratici che i governi e il settore privato possono intraprendere, comprese le istituzioni finanziarie e gli investitori”.

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