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World energy Outlook 2022: la crisi energetica sta favorendo la transizione

Il 2022 è stato uno shock per il settore energetico globale. Ma secondo la Iea sta anche accelerando la transizione energetica

Pubblicato il 27 Ott 2022

E se la crisi energetica che stiamo vivendo fosse stata uno shock positivo per la transizione energetica? Questo l’interpretazione che la Iea (International Energy Agency) fa sua nel World Energy Outlook 2022 appena pubblicato, mettendo in evidenza come i combustibili fossili, gas compreso, potrebbero avere iniziato la propria fase discendente, a tutto vantaggio delle energie pulite. Ma andiamo con ordine: il corposo report della Iea mette in evidenza come il mondo sia ancora nel bel mezzo della sua prima crisi energetica globale, uno shock di ampiezza e complessità senza precedenti. Nonostante la situazione sui prezzi fosse già complicata prima di febbraio 2022, la crisi russo-ucraina ha amplificato clamorosamente gli effetti: “la riduzione della fornitura di gas naturale all’Europa e le sanzioni europee sulle importazioni di petrolio e carbone dalla Russia stanno tagliando una delle principali arterie del commercio energetico globale”, dando luogo a “un vero e proprio tumulto energetico”.

La reazione al caro prezzi

Le conseguenze sui prezzi le conosciamo: l’aspetto più significativo è che secondo la IEA i prezzi elevati del gas e del carbone rappresentano circa il 90% della pressione al rialzo sui costi dell’elettricità in tutto il mondo. Dunque la tesi che le politiche climatiche e di decarbonizzazione abbiano in qualche modo contribuito all’aumento dei prezzi dell’energia, è sostanzialmente priva di fondamento. Anzi, quote più elevate di energie rinnovabili sono state correlate a prezzi dell’elettricità più bassi.

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L’aumento dei prezzi dell’energia sta anche aumentando l’insicurezza alimentare in molte economie in via di sviluppo, con l’onere più pesante che grava sulle famiglie più povere, dove una quota maggiore del reddito viene spesa per energia e cibo. Di fronte alle carenze energetiche e a questi prezzi elevati, i governi hanno finora impegnato ben oltre 500 miliardi di dollari, principalmente nelle economie avanzate, per proteggere i consumatori dagli impatti più immediati, cercando al contempo di garantire forniture di combustibili alternativi, aumentando la produzione di elettricità alimentata a petrolio e carbone e accelerando il flusso di nuovi progetti di energie rinnovabili. Ma secondo la Iea una maggiore efficienza è una parte essenziale della risposta a breve e a lungo termine.

La spinta per le rinnovabili

La crisi, come detto, sembra spingere la transizione energetica? Sicuramente, c’è da segnalare una forte crescita degli investimenti annuali in energia pulita, che dovrebbero salire a oltre 2.000 miliardi di dollari entro il 2030 (stante le attuali politiche), con un aumento di oltre il 50% rispetto a oggi. Ma, secondo uno scenario più avanzato tratteggiato dalla IEA, ci sarebbe la possibilità concreta di arrivare a 4.000 miliardi di dollari di investimenti annuali. Tra questi piani di investimento c’è l’Inflation Reduction Act degli Stati Uniti, le politiche europee in materia di energia, i piani per massicce politiche di investimento in India e Cina. Basti pensare che l’India sta procedendo spedita verso il suo obiettivo nazionale di capacità rinnovabile di 500 gigawatt (GW) nel 2030, quando le energie rinnovabili soddisferanno quasi i due terzi della domanda di elettricità in rapido aumento del Paese. Non solo: l’aumento della produzione di elettricità rinnovabile è sufficientemente rapido da superare la crescita della produzione totale di elettricità, riducendo così il contributo dei combustibili fossili per l’energia.

Fine della corsa per il gas

Ma soprattutto, la novità più importante che arriva dal report, è che la guerra ucraina segna forse l’inizio della fine della crescita del gas, per lungo tempo considerata una fonte indispensabile per la transizione energetica (vedi il dibattito sulla tassonomia). Secondo la Iea, stante le politiche attuali, la domanda mondiale aumenta di meno del 5% tra il 2021 e il 2030 per poi rimanere stabile intorno ai 4.400 miliardi di metri cubi fino al 2050. Le prospettive per il gas saranno dunque smorzate dall’aumento dei prezzi a breve termine, dall’impiego più rapido delle pompe di calore e di altre misure di efficienza. Nonché da una maggiore diffusione delle energie rinnovabili e una più rapida adozione di altre opzioni di flessibilità nel settore dell’energia. Su questo rallentamento influiscono anche le decisioni politiche: l’Inflation Reduction Act ridurrà la domanda di gas naturale degli Stati Uniti prevista nel 2030di oltre 40 miliardi di metri cubi rispetto alle proiezioni dell’anno scorso, liberando gas per l’esportazione. Nella stessa direzione vanno anche le politiche europee post guerra, ma anche nelle economie in via di sviluppo lo slancio alla base della crescita del gas naturale appare rallentato. Anche per effetto dell’aumento delle vendite di veicoli elettrici la domanda di petrolio si stabilizzerà a metà degli anni ’30, prima di diminuire leggermente alla metà del secolo. In effetti un’altra tendenza chiave è quella della progressiva elettrificazione dei consumi energetici globali: la domanda globale di elettricità aumenterà di 5 900 terawattora (TWh) nello Scenario delle politiche dichiarate (STEPS) e di oltre 7 000 TWh nello Scenario degli impegni annunciati (APS) entro il 2030, equivalente all’aggiunta dell’attuale livello di domanda negli Stati Uniti e dell’Unione Europea. Nelle economie avanzate, i trasporti saranno il principale contributore all’aumento della domanda di elettricità, poiché la quota di mercato delle auto elettriche crescerà da circa l’8% nel 2021 a una percentuale compresa tra il 32% e il 50% nei due scenari di riferimento. Una produzione che sarà, come noto, sempre più rinnovabile: la stima è che la generazione di elettricità green sarà in aumento del 90% entro il 2030, consumando la quota di carbone e gas nel fabbisogno globale.

Le conseguenze per il climate change

Quali saranno dunque le conseguenze nel lungo termine? La Iea evidenzia come la quota di combustibili fossili nel mix energetico globale sia stata ostinatamente alta, intorno all’80%, per decenni. Entro il 2030, stante le politiche attuali, questa quota scenderà al di sotto del 75% e poco al di sopra del 60% entro il 2050. Non solo il picco di emissioni globali di CO2 legate all’energia, pari a 37 miliardi di tonnellate (Gt) all’anno, dovrebbe essere raggiunto già nel 2025, per poi scendere a 32 Gt entro il 2050. Questa traiettoria comporterebbe un aumento di circa 2,5 °C delle temperature medie globali entro il 2100, ben oltre gli 1,5 gradi previsti dagli accordi internazionali, ma comunque meglio di quanto previsto alcuni anni fa. Ma negli scenari più avanzati, che dunque tengono conto di politiche e di investimenti più avanzati, le emissioni legate all’energia scenderebbero a 12 Gt nel 2050, determinando un aumento della temperatura media globale previsto nel 2100 di 1,7 °C. Nello scenario Emissioni nette zero entro il 2050 (NZE), CO 2le emissioni scendono a 23 Gt nel 2030 e a zero nel 2050, una traiettoria coerente con il contenimento dell’aumento della temperatura a meno di 1,5 °C nel 2100.

“La tesi ambientale per l’energia pulita non aveva bisogno di rinforzo, ma le argomentazioni economiche a favore di tecnologie pulite convenienti e competitive in termini di costi sono ora più forti, così come la tesi della sicurezza energetica. L’allineamento odierno delle priorità economiche, climatiche e di sicurezza ha già iniziato a muovere il quadrante verso un risultato migliore per le persone del mondo e per il pianeta – ha affermato Faith Birol, Direttore esecutivo della IEA -. È essenziale coinvolgere tutti, soprattutto in un momento in cui le fratture geopolitiche su energia e clima sono ancora più visibili. Ciò significa raddoppiare gli sforzi per garantire che un’ampia coalizione di paesi abbia un interesse nella nuova economia energetica. Il viaggio verso un sistema energetico più sicuro e sostenibile potrebbe non essere agevole. Ma la crisi di oggi rende chiarissimo il motivo per cui dobbiamo andare avanti”.

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Gianluigi Torchiani

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