Sostenibilità

L’economia circolare per la ripartenza economica e sociale

Le opportunità legate alla circular economy sono di 4,5 trilioni di dollari fino al 2030 a livello globale. Servono nuovi approcci per una trasformazione sistemica, in grado di ridurre gli sprechi e di creare nuovi prodotti e servizi innovativi, attraverso cinque modelli di business

Pubblicato il 12 Giu 2020

Beatrice Lamonica

sustainability lead di Accenture Italia

Oggi è ancor più cruciale il ruolo dell’economia circolare e, mai come ora, dovrebbe essere al centro di tutte le politiche industriali e ambientali. Proporre un modello di business basato sul recupero delle materie prime rappresenta un cambio di passo epocale ed è indispensabile farlo proprio in questo momento, in cui economia e tessuto imprenditoriale sono impegnati nel lavoro di ripartenza.

Ed è proprio dalle aziende che è nato un importante movimento per chiedere che le risorse allocate per uscire dalla crisi dai Governi europei siano indirizzate per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, un appello di 155 società con un valore complessivo di capitalizzazione di mercato di 2,4 trilioni di dollari[1].

Il manifesto “Uscire dalla pandemia con un nuovo Green Deal per l’Italia”

Anche in Italia è emersa una posizione simile, con 110 aziende firmatarie del manifesto “Uscire dalla pandemia con un nuovo Green Deal per l’Italia”[2]. L’appello è di rifondare e rilanciare, con un nuovo Green Deal, l’ambizioso progetto europeo per un’economia avanzata, decarbonizzata e circolare, indirizzando il Recovery Plan europeo.

I modelli di business dell’economia circolare permettono, infatti, di superare la “concettuale” dicotomia tra crescita economica e sostenibilità.

Se da un lato, infatti, dobbiamo sciogliere le criticità legate alla necessità di decarbonizzazione e alla scarsità delle risorse – che hanno un forte impatto su economia e salute, urbanizzazione, siccità e altri aspetti legati al cambiamento climatico (gli USA nel 2100 potrebbero perdere il 10,5% del PIL pro capite a causa del cambiamento climatico[3]) – dall’altro, l’economia circolare può dare un grande vantaggio in termini di crescita economica e occupazionale.

L’Unione Europea[4] stima per le industrie una riduzione dei costi potenziale da 600 miliardi di euro all’anno attraverso la prevenzione dei rifiuti, l’ecodesign e il riutilizzo dei materiali. Inoltre, la transizione economica verso modelli di business circolari creerà in futuro una nuova ondata occupazionale. L’impatto stimato è di 700mila nuovi posti di lavoro solo nell’Unione Europea – con una stima puntuale per l’Italia pari al +0,4 per cento[5].

L’economia circolare, infatti, è in grado di creare valore: una nostra ricerca, nell’ambito della collaborazione tra Accenture e il World Economic Forum, ha definito un modello economico per stimare le opportunità legate alla circular economy. Parliamo di 4,5 trilioni di dollari fino al 2030 a livello globale[6] collegati all’eliminazione dei diversi tipi di spreco dell’economia lineare: spreco di risorse, spreco di cicli di vita, spreco di capacità e spreco di componenti di valore.

Cinque modelli di business

Ridurre gli sprechi, però, non significa pensare solo a diminuire i rifiuti: vuol dire ragionare in modo più ampio e ideare nuovi approcci che perseguono una trasformazione sistemica, non solo in grado di ridurre gli sprechi, ma anche di creare nuovi prodotti e servizi innovativi, attraverso cinque modelli di business:

  1. la Circular supply chain (filiera circolare): un modello che offre l’accesso a input rinnovabili, riciclabili o biodegradabili in sostituzione di quelli lineari. La rilevanza di questo modello di business è estrema: permette, infatti, di introdurre energia rinnovabile in sostituzione di quella di origine fossile e materiali di natura biologica, come le bioplastiche in sostituzione di input non rinnovabili, che rappresentano inoltre un noto problema in fase di gestione del loro fine vita. Questo modello di business vive di innovazione e di ricerca.
  2. Un secondo modello di business, più comunemente associato al concetto di economia circolare, è quello del recupero e riciclo, basato sulla salvaguardia, recupero e riutilizzo di materia ed energia nascosta negli output produttivi e nei prodotti scartati. Grazie a questo modello che ha nel cliente finale la chiave del suo successo, l’impresa cerca valore in tutti i suoi flussi di materiali: tutto ciò che era considerato uno scarto viene reintrodotto per altri usi, di fatto eliminando lo spreco. Le catene di recupero delle risorse trasformano lo spreco in valore attraverso il riciclo e l’upcycling. Le soluzioni vanno dalla simbiosi industriale a modelli a circuito chiuso, di cui la logistica inversa rappresenta un punto nodale. Rappresenta un nuovo modo di relazionarsi con il cliente, offrendo al consumatore la possibilità di disfarsi in modo nuovo e comodo di prodotti indesiderati, creando sistemi di fidelizzazione. Ragionare sulla massimizzazione e recupero del valore del bene a fine vita porta con sé il ripensamento del design dei prodotti. Alcuni concetti sono fondanti per abilitare la circular economy: la modularità, l’identificazione dei materiali, la durabilità.
  3. L’estensione del ciclo di vita è il terzo modello di business possibile, incentrato sull’allungare la durata utile generando fatturato attraverso la longevità del prodotto invece che attraverso il volume. Il modello si basa sul ricondizionamento dei prodotti stessi e la vendita a un target di clienti sensibile al prezzo, che non ha problemi ad acquistare un prodotto “come nuovo”. Ulteriori possibilità sono la riparazione e l’aggiornamento delle caratteristiche e delle funzionalità.
  4. Un ulteriore modello di business è rappresentato dalle Piattaforme di condivisione – Sharing platform – che indirizzano lo spreco di capacità, offrendo un ‘luogo’ per mettere i proprietari dei prodotti in contatto con individui o organizzazioni interessati a usarli; la piattaforma permette, quindi, di incrementare la produttività dei prodotti attraverso l’accesso condiviso. La possibilità di massimizzare l’utilizzo dei beni ha un evidente beneficio in termini di “circolarità” e riduzione dell’impatto ambientale. Un esempio molto immediato è quello delle automobili, che in media utilizziamo per circa l’8% del tempo, la possibilità di sfruttarne anche la capacità residua rappresenta un’opportunità di messa a reddito, di riduzione dei consumi di materie prime e della congestione dei parcheggi.
  5. Infine, il quinto modello possibile è quello di Prodotto come servizio: la proprietà del bene rimane del produttore stesso, che, però, ne vende la performance. L’azienda offre il prodotto materiale e i servizi necessari per mantenerlo in uso attraverso le fasi di progettazione, utilizzo, manutenzione, riutilizzo, rigenerazione e riciclo dello stesso e il cliente diventa utente del prodotto, più che un vero e proprio consumatore. La ricerca ha mostrato come le varianti di questo modello di business, possono portare a ridurre l’impronta ambientale tra il 20 e il 50%[7]. Questo modello ha un impatto importante anche nel modo in cui viene ideato e progettato il prodotto stesso: è evidente, ad esempio, che il produttore di un bene il cui valore si manifesterà come servizio, sarà immediatamente disinteressato al concetto di obsolescenza programmata.
  1. https://www.euractiv.com/section/energy-environment/news/business-giants-call-for-science-based-green-economic-recovery/
  2. http://www.greenreport.it/news/economia-ecologica/il-manifesto-uscire-dalla-pandemia-con-un-nuovo-green-deal-per-litalia-110-firme-dal-mondo-delle-imprese-per-una-ripresa-green/
  3. National Bureau of Economic Research Long-Term Macroeconomic Effects of Climate Change: A Cross-Country Analysis https://www.washingtonpost.com/weather/2019/08/19/climate-change-could-cost-us-up-percent-its-gdp-by-study-finds/?noredirect=on
  4. Circular economy research and innovation
  5. Impacts of circular economy policies on the labour market, EU Directorate General for Environment, 2018
  6. Dallo spreco al valore, Lacy – Rutqvist – Lamonica, 2015
  7. Arnold Tukker “Eight types of Product- Service System: Eight Ways to Sustainability?”
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