Consumi energetici ed emissioni in forte crescita nel secondo trimestre 2021

L’Analisi trimestrale del sistema energetico nazionale dell’Enea evidenzia una forte ripresa del ricorso alle fonti fossili, frutto soprattutto dell’accresciuto fabbisogno dei trasporti

Pubblicato il 10 Set 2021

Gli ultimi dati Enea relativi ai consumi energetici confermano un quadro chiaro già da un po’: l’Italia sta rapidamente recuperando il fabbisogno pre Covid (complice anche una ripresa economica forte), con conseguenze però negative dal punto di vista delle emissioni e della decarbonizzazione. L’Analisi trimestrale del sistema energetico nazionale, riferita al secondo trimestre dell’anno, evidenzia come i fattori climatici e l’incremento del PIL (+17%) e della produzione industriale (+34%) abbiano determinato sia una crescita della domanda di energia del 24% che, in parallelo, delle emissioni di anidride carbonica (+25%). In tutto il 2021 si dovrebbe arrivare a una crescita tendenziale della domanda di energia e delle emissioni di circa il 6% per l’intero 2021, in linea con l’andamento dei principali driver economici. Tanto che nel 2021 il Paese dovrebbe aver recuperato oltre il 60% dei consumi di energia ‘persi’ nel 2020, con la stima di un ritorno ai livelli pre-pandemia tra il 2022 e il 2023.

Per quanto riguarda in particolare il secondo trimestre dell’anno, l’incremento dei consumi è stato particolarmente accentuato ad aprile (+36%) per le temperature più rigide rispetto allo stesso mese 2020, mentre il clima più caldo di giugno ha comportato un maggior ricorso al raffrescamento, con conseguente aumento della domanda di energia (+15%). Tra i settori, i trasporti hanno contribuito alla crescita dei consumi per una quota di oltre il 50% nel trimestre, per effetto della sostanziale fine delle limitazioni alla libertà di circolazione delle persone.

Un quadro non positivo arriva dall’analisi delle fonti energetiche utilizzate, che segnalano tutte le difficoltà delle rinnovabili e il ritrovato ruolo da protagonista dei combustibili fossili: dopo il crollo del II trimestre 2020, la domanda di petrolio ha segnato un +30%, quella di gas naturale un +21%, mentre per le fonti rinnovabili e il carbone si registrano rispettivamente un -1% e un -2%. In ottica di Climate change, dunque, l’Italia deve far fronte a un forte incremento delle emissioni, che è da attribuirsi soprattutto ai trasporti (per una quota di oltre il 60%) e in misura inferiore al settore civile, all’industria e alla generazione elettrica. “L’aumento delle emissioni e l’innalzamento degli obiettivi UE al 2030 hanno comportato un nuovo sostanziale allontanamento dalla traiettoria di decarbonizzazione prevista. Per quanto riguarda il 2022, sarà difficile andare oltre a una stabilizzazione delle emissioni sui livelli attesi per fine 2021”, ha evidenziato Francesco Gracceva, il ricercatore ENEA che coordina l’Analisi. Non a caso, si è assistito a un ulteriore peggioramento dell’indice ISPRED, elaborato da ENEA per misurare l’andamento della transizione energetica nel nostro Paese sulla base di sicurezza del sistema, prezzi dell’energia e decarbonizzazione. Nel periodo aprile-giugno, l’ISPRED è diminuito del 28% sul trimestre precedente e del 39% rispetto al II trimestre 2020, collocandosi ai minimi della serie storica.

“Il calo del nostro indice sintetico è legato per la gran parte all’aumento delle emissioni che hanno peggiorato le prospettive di decarbonizzazione. Ma assistiamo anche a persistenti difficoltà nel settore della raffinazione, che incidono sulla sicurezza energetica, e all’aumento dei prezzi dell’energia, soprattutto nel settore elettrico, che hanno raggiunto i massimi decennali per i consumatori domestici. Peraltro, la recente fortissima crescita dei prezzi all’ingrosso di gas ed elettricità si è traslata in misura ancora parziale sui prezzi dei consumatori finali”, sottolinea Gracceva.

L’Analisi trimestrale approfondisce anche le prospettive nazionali del settore delle tecnologie low carbon che registra un crescente deficit commerciale, passato da 700 milioni di euro del 2019 a 1,15 miliardi del 2020 (+65%), mentre nei primi cinque mesi del 2021 è già pari a 900 milioni di euro (80% di quello dell’intero 2020). Le voci di import che pesano di più sono i generatori eolici, gli accumulatori agli ioni di litio, ma soprattutto la mobilità a basse emissioni (veicoli BEV e PHEV), che da sola rappresenta il 60% del deficit dello scorso anno e quasi il 50% del deficit dei primi cinque mesi del 2021.

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