Efficienza energetica

Diagnosi e Audit energetici per le imprese: quali sono i benefici

La diagnosi energetica costituisce un passaggio fondamentale per conoscere i consumi energetici aziendali. In Italia, per le grandi imprese, è obbligatoria

Pubblicato il 26 Ago 2021

Diagnosi energetica e audit energetici: due termini, in realtà dal significato similare, che risuonano sempre più spesso quando si parla di efficienza energetica per le imprese. Per quale motivo? Dietro la diffusione di audit e diagnosi energetica c’è la necessità della conoscenza in ambito energetico: è infatti impossibile pensare di mettere in atto degli interventi di efficientamento senza prima conoscere se, come e perché un’azienda stia effettivamente sprecando energia. Dunque diventa fondamentale approntare una Diagnosi Energetica, che serve a conoscere come l’energia venga utilizzata all’interno di un’azienda o di un edificio in un determinato periodo di tempo, nonché individuare gli interventi utili per ottimizzare i consumi energetici. Non a caso, la diagnosi energetica costituisce una parte fondamentale del ciclo PDCA (Plan-Do-CheckAct) richiesto dalla Norma UNI EN ISO 50001 per l’implementazione di un Sistema di gestione dell’Energia.

Diagnosi e audit energetici: una definizione

Una definizione ancora più precisa viene data dalla Direttiva 2012/27/UE, secondo cui la diagnosi energetica costituisce “una procedura sistematica finalizzata a ottenere un’adeguata conoscenza del profilo di consumo energetico di un edificio o gruppo di edifici, di una attività o impianto industriale o commerciale o di servizi pubblici o privati, a individuare e quantificare le opportunità di risparmio energetico sotto il profilo costi-benefici e a riferire in merito ai risultati”. Esistono tre principali benefici legati all’implementazione della diagnosi energetica: in particolare un’impresa può aumentare la propria efficienza energetica (cioè diminuire i propri consumi o consumare “meglio” gli stessi quantitativi di energia), diminuire l’incidenza della spesa energetica annuale sul proprio fatturato, nonché ridurre le emissioni di gas serra (aspetto quest’ultimo estremamente cruciale per le imprese industriali, sempre più spesso sottoposte a veri e propri obblighi).

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Diagnosi e audit energetici: similitudini e differenze

Ma esiste una differenza tra diagnosi e audit energetici? In realtà, sostanzialmente, i due termini vengono ormai usati in maniera interscambiabile da addetti ai lavori e non. Dal momento che la normativa italiana – come vedremo più avanti – parla di diagnosi energetica obbligatoria per le grandi imprese, negli ultimi temi anni questa variante si è maggiormente imposta anche tra gli addetti a i lavori. Inoltre effettivamente, esiste una differenza sottile ma importante: l’audit energetico fa riferimento soprattutto alla fase di scoperta delle inefficienze energetiche, mentre invece l’individuazione dei correttivi da individuare e – soprattutto – il monitoraggio successivo, sono più propri della diagnosi energetica.

Le cinque caratteristiche della diagnosi energetica

Ma quali sono le caratteristiche fondamentali di una buona diagnosi energetica? Secondo la normativa di riferimento della UNI CEI/TR 11428, sono almeno cinque i punti da considerare:
1) Completezza: definizione puntuale del sistema energetico oggetto dell’analisi, includendo tutti gli aspetti significativi (involucro, impianti, sistemi di automazione, ecc)
2) Attendibilità: presuppone cioè l’acquisizione di dati soddisfacenti dal punto di vista quantitativo e qualitativo, ossia di dati reali in numero e qualità necessari per lo sviluppo dell’inventario energetico. Questo requisito può essere raggiunto soltanto attraverso sopralluoghi e rilievi strumentali effettuati sul campo.
3) Tracciabilità: consiste nell’agevole individuazione delle fonti di dati, delle modalità di elaborazione dei risultati e delle ipotesi di lavoro assunte. Questo requisito presuppone l’impiego di una procedura standardizzata di diagnosi energetica, nonché nella documentazione dell’origine dei dati e dell’eventuale modalità di elaborazione a supporto dei risultati della diagnosi.
4) Utilità: Questo requisito presuppone l’identificazione e valutazione degli interventi di efficienza energetica sotto il profilo costi/benefici (ambientali, energetici, normativi, ecc).
5) Verificabilità: identificazione degli elementi che consentono al committente la verifica del conseguimento dei miglioramenti di efficienza risultanti dall’applicazione degli interventi proposti.

Un esempio di modello di Diagnosi energetica

Ma cosa c’è dentro le diagnosi e audit energetici? Un documento di questo tipo è composto da un’analisi dei dati storici di consumo, nonché da una raccolta di dati e misure strumentali. Non meno importanti sono le analisi dei comportamenti degli occupanti correlati all’uso dell’energia e la presenza di uno studio tecnico-economico-finanziario dei possibili interventi di efficientamento. Le normative di riferimento sono abbastanza chiare anche su quali siano gli step da effettuare prima di arrivare a rilasciare il documento di diagnosi energetica. Innanzitutto, cruciale è la fase di contatto preliminare, in cui chi effettua materialmente questa attività deve concordare con il committente scopo, grado di accuratezza e finalità (ambito di intervento), in modo da definire i confini dell’attività di diagnosi e così da pianificare le attività in risposta alle peculiari esigenze. Successivamente, per effettuare una Diagnosi Energetica, sono previsti di seguito questi passaggi:
● Raccolta ed analisi/elaborazione/monitoraggio dei dati energetici
● Elaborazione di modelli energetici (i.e. modello elettrico, termico): questo significa che per ogni apparecchiatura devono essere individuate le potenze installate, i fattori di carico, le potenze assorbite, le ore di utilizzo e quindi calcolati i consumi (MWh/anno, Sm3/anno, m3 acqua/anno. Devono essere confrontati criticamente i consumi di energia elettrica, di metano e di acqua per ogni apparecchiatura e utenze.
● Individuazione e calcolo di indicatori energetici
● Individuazione degli interventi
● Analisi economica ed ordine delle opportunità
● Stesura del rapporto di Diagnosi Energetica.

Le possibili aree di intervento

Da rilevare che il documento finale dovrà contenere l’analisi dei vettori energetici, i profili di consumo (se possibile suddivisi almeno per fasce) e l’inventario energetico. In questo modo si riesce a fornire un’adeguata conoscenza della struttura energetica, del livello di prestazione attuale e un confronto con valori di riferimento, i cosiddetti benchmark del settore. Il documento finale dovrà prevedere una lista delle raccomandazioni e opportunità di risparmio energetico con la stima della loro fattibilità tecnico-economica che tiene conto dei benefici energetici attesi. In linea di massima, per un’impresa industriale, la diagnosi energetica potrebbe ad esempio suggerire di ottimizzare i sistemi di conversione dell’energia, attraverso l’accoppiamento ottimale degli scambiatori di calore, la riduzione dell’eccesso d’aria nella combustione e altro ancora. Non trascurabili sono anche gli interventi nella distribuzione dell’energia (trasformatori, cavi, commutatori, cabine elettriche, ecc). In realtà, però, le imprese possono efficientarsi soprattutto nei processi produttivi, ad esempio recuperando calore di scarto, ottimizzando e sostituendo impianti meccanici, elettrici e così via. Una possibilità, ovviamente, è legata all’utilizzo di fonti rinnovabili e all’efficientamento dell’involucro edificio di ciascuna azienda.

Come funziona la diagnosi energetica obbligatoria

Oltre alla possibilità di mettere in atto degli interventi capaci di efficientare la propria impresa, c’è una ragione impellente di carattere normativo che spinge la diagnosi energetica. Parliamo della cosiddetta Diagnosi energetica obbligatoria, esistente dal 2014 (D.Lgs. 102/2014): in Italia esiste l’obbligo di condurre, con cadenza quadriennale e da parte di soggetti qualificati, una diagnosi energetica per le imprese di grandi dimensioni (criterio basato sul numero di dipendenti e fatturato e/o bilancio) e per imprese con consumi rilevanti di energia (le imprese cosiddette energivore). Sono invece escluse dall’obbligo di diagnosi tutte le Amministrazioni pubbliche riportate negli elenchi ISTAT. Da rilevare che un’impresa è considerata “grande impresa” quando il requisito occupazionale (più di 250 unità effettive) sussiste congiuntamente a un fatturato superiore a 50 milioni di euro o a un totale di bilancio annuo superiore di 43 milioni. Nel 2020 sono però state escluse dall’obbligo di diagnosi le grandi imprese che presentano consumi energetici complessivi annui inferiori a 50 TEP. Sempre nel 2020 è stato stabilito che le imprese energivore siano tenute a dare attuazione ad almeno uno degli interventi di efficienza individuati dalle diagnosi stesse o, in alternativa, ad adottare sistemi di gestione conformi alle norme ISO 50001, nell’intervallo di tempo che intercorre tra una diagnosi e la successiva, dandone opportuna comunicazione nella diagnosi successiva l’attuazione dell’intervento stesso.
Le imprese multisito soggette all’obbligo devono effettuare la diagnosi su un numero di siti proporzionati e sufficientemente rappresentativi per consentire di tracciare un quadro fedele della prestazione energetica globale dell’impresa.
Dal 19 luglio 2016 è previsto che le Diagnosi Energetiche obbligatorie siano eseguite da soggetti certificati in base alle UNI CEI 11352, UNI CEI 11339.

Diagnosi e audit energetici: i compiti dell’Enea

A vigilare sul buon funzionamento della diagnosi c’è l’ENEA che ha istituito e gestisce una banca dati delle imprese soggette a diagnosi energetica nel quale sono riportate almeno l’anagrafica del soggetto obbligato e dell’auditor, la data di esecuzione della diagnosi e il rapporto di diagnosi. L’ENEA, inoltre, è deputata a svolgere i controlli che devono accertare la conformità delle diagnosi alle prescrizioni, anche tramite verifiche sul campo. Le aziende obbligate ad eseguire la diagnosi energetica che non la eseguono, oppure che adempiono in maniera non conforme al Decreto 102/14, incorrono in sanzione.

Le sanzioni vanno da 4.000 a 40.000 € nel caso più grave in cui non venga eseguita la diagnosi energetica, da 2.000 a 20.000 € nel caso questa non venga realizzata in modo conforme. Il pagamento delle sanzioni non esonera comunque l’azienda dall’obbligo di effettuare l’audit e di comunicarlo alle autorità di competenza.Per consentire il rispetto delle prescrizioni di cui all’Art.8 del D.Lgs.102/2014 e per non incorrere nelle sanzioni di cui all’articolo 16 del medesimo decreto, la Diagnosi Energetica deve essere eseguita entro il 5 dicembre dell’anno d’obbligo. Le imprese soggette all’obbligo sono tenute, inoltre, a trasmettere la Diagnosi Energetica unitamente a tutta la documentazione richiesta entro e non oltre il 22 dicembre dell’anno d’obbligo, così da consentire all’ENEA di effettuare i controlli sulla conformità delle diagnosi stesse alle prescrizioni del D.Lgs.102/2014.

I risultati

L’obbligo ha portato a notevoli risultati, con l’esecuzione di oltre 16.000 diagnosi di siti produttivi, relative a 8.870 imprese (dati al 31/12/18). Oltre il 45% delle diagnosi è stata effettuata in siti afferenti al comparto manifatturiero e oltre il 15% nel commercio, dove pesano i consumi della Grande Distribuzione Organizzata. Rispetto alla prima diagnosi obbligatoria risulta che, per le diagnosi successive, ossia dal 2019, è obbligatorio anche prevedere l’installazione di un sistema di monitoraggio, in modo tale che i consumi, stimati per la prima diagnosi, debbano essere misurati in maniera esatta con apposite strumentazioni. Nel 2020 le Grandi imprese hanno coperto circa il 64% delle diagnosi presentate; gli energivori il 31%.
Da notare che l’art. 8 comma 10 ter del D.Lgs. 102/2014 prevede che l’ENEA realizzi un programma annuale di sensibilizzazione ed assistenza alle piccole e medie imprese per l’esecuzione delle diagnosi energetiche presso i propri siti produttivi e per la realizzazione degli interventi di efficientamento energetico proposti nelle diagnosi stesse.

Diagnosi energetica e APE, quali differenze

Molto spesso si fa ancora confusione tra la Diagnosi Energetica e l’Attestato di Prestazione Energetica (APE) che, in effetti, afferiscono entrambi all’efficienza energetica e presentano alcune caratteristiche comuni. In realtà Attestato di Prestazione Energetica e Diagnosi Energetica sono però due processi molto diversi: la differenza sostanziale è che l’APE si basa su un calcolo standard, mentre nel caso della Diagnosi Energetica il calcolo viene adattato all’utenza secondo dati non standard. Più nel dettaglio, l’APE valuta le prestazioni energetiche di un immobile solo ed esclusivamente in base alle caratteristiche costruttive dello stesso, non valutando in alcun modo i consumi effettivi, le apparecchiature installate né tantomeno le attività svolte dai suoi occupanti. Insomma, la Certificazione restituisce un’idea del consumo energetico potenziale di un determinato immobile. Altra importante differenza tra la Diagnosi Energetica e la Certificazione Energetica è che quest’ultima non valuta i consumi di energia elettrica, ma si limita a prendere in considerazioni alle prestazioni energetiche per il riscaldamento degli edifici e la produzione di acqua calda, quindi ai consumi di combustibile per l’impianto termico.

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Gianluigi Torchiani