Politiche europee

Efficienza energetica: come l’Ue può aiutare le Pmi europee a sbloccare il proprio potenziale

La tappa finale del progetto europeo Leap4Sme, coordinato dall’Enea, è stata l’occasione per fare il punto sulle barriere ancora presenti e sulle policy che sarebbe necessario adottare

Pubblicato il 05 Lug 2023

Quando si parla di energia è naturale pensare alle grandi imprese industriali, le cosiddette aziende energivore, dove si consumano elevate quantità di MWH e di metri cubi di gas. Ma non bisogna dimenticare che l’economia europea è dominata dalla presenza di 24 milioni di PMI che – sommate una ad una – hanno un forte impatto da un punto di vista energetico: per la precisione, secondo le stime dell’OCSE, le pmi assorbono una quota dei consumi energetici nel mondo business (PA esclusa) del 43% nella Ue a 27 e addirittura del 61% in Italia.

Queste realtà nel 2022 sono state fortemente impattate dalla crisi energetica scaturita in seguito all’invasione dell’Ucraina, conoscendo nel nostro Paese una crescita della bolletta energetica (sempre diffusa da Marco Marchese, analista Ocse) del + 108%, dunque più raddoppiata. Dunque servirebbero delle policy europee capaci di sostenere al meglio le piccole e medie imprese in questo percorso: un compito che è stato affrontato dal progetto europeo Leap4Sme, progetto europeo mirato a supportare gli Stati e le istituzioni del Vecchio Continente nello sviluppo di programmi di promozione dell’efficienza energetica delle Pmi, finanziato dal programma europeo Horizon 2020 e coordinato dall’italiana Enea.

L’importanza degli audit

Un tema quanto mai caldo, come ha messo in evidenza nel corso dell’evento finale di Leap4Sme di Bruxeless (a cui EnergyUP.Tech è stata invitata ad assistere), Claudia Cavevari, Head of unit Ener B2 della Dg energy della Commissione europea, “La necessità dell’efficienza energetica non è mai stata tanto chiara: occorre aumentare l’efficienza così da traguardare gli obiettivi di decarbonizzazione e di crescita economica, in particolare dopo la crisi 2022 e il taglio delle forniture energetiche.

Ecco perché anche il piano Repower Eu assegna una particolare importanza al tema dell’energy efficiency, di cui è uno dei capisaldi insieme all’aumento dell’autoproduzione e alla diversificazione delle fonti. Infatti, l’efficienza energetica è in grado di promuovere un utilizzo ottimale delle risorse, evitando la scarsità e prevenendo futuri energy shock, oltre che rappresentare una chiave per una maggiore sostenibilità”. Si tratta, tra l’altro, di un tema di particolare attualità, per effetto dell’accordo di marzo 2022 sulla direttiva Recast sull’efficienza energetica, che ha previsto maggiori target sulla diminuzione di consumi e tutta una serie di misure che sono state specificatamente pensate per favorire l’efficientamento delle piccole e medie imprese.

Ad esempio, ci sarà una spinta (in alcuni casi anche obbligo) per l’installazione di soluzioni di energy management system e l’organizzazione di audit energetici, che gli Stati membri dovranno prevedere anche per le Pmi. A questo proposito Canevari ha evidenziato come “l’energy audit svolge un ruolo cruciale per aiutare le imprese a ottenere dei guadagni di efficienza, rendendo possibili gli investimenti in processi più efficienti e ottenere così ulteriori guadagni di produttività”. Forse ancora più importanti sono i servizi di consulenza e la formazione che possono aiutare le aziende a mettere in pratica le raccomandazioni che arrivano dagli stessi audit. Resta il fatto che attualmente soltanto una minima parte delle PMI europee intraprende audit energetici.

Le barriere

Questo dimostra che nonostante l’efficienza energetica sia oggi maggiormente al centro dell’attenzione del legislatore europeo e costituisca sempre più una leva per tagliare i costi e attirare nuovi consumatori e investitori, una scelta in questo senso delle PMI è tutt’altro che scontata. Anche perché, a differenza delle grandi imprese che possono contare sugli energy manager e su altro personale dedicato, le pmi devono fare i conti – quasi sempre – con una totale carenza di figure professionali competenti.

Come ha evidenziato Alena Mastantuono, vice president della TEN section di EESC “Ci sono molte barriere all’efficienza energetica nelle PMI, nonostante i risparmi significativi che essa è in grado di portare alle imprese. Gli imprenditori magari conoscono il problema, ma non hanno le competenze né le persone per risolvere una questione del genere in autonomia. A questo si aggiunge il fatto che spesso e volentieri una PMI non è proprietaria del bulding in cui lavora, quindi magari non è motivata a installare pannelli fotovoltaici o altre soluzioni efficienti”.

La concorrenza delle rinnovabili

A proposito di rinnovabili, nel corso dell’evento di Leap4SME è emerso chiaramente un vecchio problema che attanaglia da sempre il settore dell’efficienza. Come ha ben riassunto Petra Lackner della Austrian Energy Agency: “L’energy efficiency non è abbastanza sexy a differenza delle rinnovabili, che hanno visto negli ultimi anni un enorme crescita in Austria, con una diffusa installazione di pannelli fotovoltaici presso le imprese”. C’è insomma una certa tendenza a saltare il tema dell’efficienza energetica e a indirizzarsi direttamente sulle rinnovabili, che godono probabilmente di una percezione più favorevole da parte dell’opinione pubblica e sono più facilmente installabili. L’efficienza energetica fatta bene, è inevitabilmente un po’ più complicata, perché bisogna misurare la situazione di partenza di un’azienda, installare una o più soluzioni e monitorarne l’andamento nel corso del tempo.

Un settore variegato

Cosa si può fare allora per spingere le PMI europee su questo fronte? Serve sicuramente qualche cambiamento importante nelle policy e, non a caso, uno degli obiettivi di Leap4sme è stato proprio quello di favorire l’adozione di politiche e normative che possano favorire l’efficienza. Ma come emerso nel convegno di Bruxelles, l’errore da non commettere da parte dei legislatori è quello di considerare le Pmi come un calderone indistinto: dietro questa definizione ci sono sia i classici negozi a conduzione familiare che le imprese manifatturiere esportatrici tipici del tessuto economico nazionale.

E soprattutto ci sono settori molto diversi tra loro, che hanno un utilizzo molto diverso dell’energia. Dunque disegnare policy onnicomprensive per un settore così eterogeneo rischia di non essere la scelta migliore e anche l’introduzione di obblighi troppo rigidi rischia di essere controproducente.

Un quadro regolatorio stabile

In linea generale è comunque possibile intravedere un certo passaggio a livello europeo da una legislazione sull’energia basata sulle dimensioni delle imprese a una più strettamente correlata ai consumi, che non mancherà di avere conseguenze, in particolare in un Paese come l’Italia. Dove esistono tantissime Pmi manifatturiere, spesso e volentieri inserite in supply chain internazionali e con consumi energetici indifferenti. Basti pensare al fatto che delle 4000 imprese gasivore (cioè a elevati consumi di gas) presenti nel nostro Paese, ben la metà sono classificabili come PMI. Alcune importanti indicazioni per i policy maker sono arrivate da un’analisi dell’Enea sui principali strumenti di incentivazione per le Pmi presenti nei diversi contesti nazionali.

Claudia Toro, senior researcher di Enea ha evidenziato in questo senso come” le PMI hanno risorse limitate per affrontare il tema dell’efficienza energetica: possono dunque servire strumenti come prestiti, voucher e quant’altro, una buona base di partenza è focalizzarsi su misure che hanno un effetto diretto. Serve poi un approccio mirato e su misura, a causa della differente incidenza dell’energia tra le Pmi. Occorre poi un policy framework che sia quanto più possibile stabile nel tempo. Dal momento che i consumi energetici sono poco monitorati in queste imprese, andrebbe promossa l’adozione degli energy management systems”.

Aumentare la consapevolezza

C’è poi l’enorme tema della consapevolezza: le pmi andrebbero costantemente coinvolte con campagne di formazione e informate costantemente su costi e benefici derivanti dall’adozione di principi sul miglioramento dell’efficienza energetica. Come ha puntualizzato Karolina Loth Babut, managing director di Kape: “Possiamo lanciare anche milioni di programmi e di sussidi, ma può essere sempre che le aziende non ne abbiano idea della loro esistenza, specialmente in un paese come la Polonia. Serve dunque una comunicazione efficace per raggiungere le Pmi. È utile anche che le informazioni siano raggruppate in un unico posto, così da rendere tutto più semplice”.

La parola d’ordine diventa dunque quella di favorire la diffusione delle tante best practice settoriali già esistenti e focalizzarsi sulle specificità nazionali, facendo comprendere a queste realtà le opportunità che l’efficienza energetica porta con sé. A partire naturalmente dai finanziamenti europei, sempre più diffusi e che possono assicurare un concreto supporto per mettere in atto dei progetti di efficientamento complessi.

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Gianluigi Torchiani

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