Analisi

Il tetto al prezzo del gas e le altre misure europee e italiane per fronteggiare la crisi

Dopo i livelli record raggiunti dal prezzo del gas nel mese di agosto la Ue corre ai ripari, con una serie di misure, analizzate de I-Com (Istituto per la competitività)

Pubblicato il 15 Set 2022

Michele Masulli, Direttore dell’area Energia presso l’Istituto per la Competitività (I-Com),

Il mese di agosto ha segnato record storici per il prezzo del gas naturale in Europa. La borsa di Amsterdam ha sperimentato quotazioni sopra i 300 €/MWh, 10 volte superiori rispetto a un anno fa. Il timore che gli Stati europei non riescano a soddisfare il fabbisogno di gas nei mesi freddi, in presenza di forniture dalla Russia che procedono a singhiozzo e su livelli sempre inferiori, agita i mercati e anima una tendenza rialzista imprevedibile fino a pochi mesi fa.

La crescita dei prezzi

La ridotta offerta nucleare e idroelettrica, unita all’esigenza di riempire gli stoccaggi (oggi arrivati all’82% di riempimento nell’UE), ha contribuito ulteriormente a tenere alte le quotazioni. Inoltre, il disegno di mercato, che trasferisce il prezzo marginale del gas all’intera offerta e il prezzo marginale dell’elettricità su larga parte dei mercati dell’energia elettrica, rende immediate le conseguenze per la spesa energetica.
Per l’Italia, nel mese di agosto, il PUN medio si è attestato sopra i 540 €/MWh, 5 volte di più rispetto allo stesso mese del 2021, Francia e Germania si sono fermati rispettivamente a 490 e 465 €/MWh. Di prezzi più bassi ha beneficiato, dopo l’introduzione del tetto per la penisola iberica, la Spagna (155 €/MWh), ma a questi va comunque aggiunta la compensazione per le fonti termoelettriche prevista dal tope, recentemente esteso ai settori industriali energivori.

Le decisioni europee

L’eccezionalità della situazione porta a mettere in discussione regole e modalità di funzionamento delineatesi negli ultimi vent’anni sulla scorta del processo di liberalizzazione e di costruzione del mercato unico dell’energia. Se ACER, nella primavera scorsa, non aveva rilevato la necessità di apportare modifiche significative al disegno dei mercati dell’elettricità e del gas, sono stati in primis alcuni Stati (su tutti Spagna, Portogallo e Grecia) ad adottare provvedimenti rilevanti. Dopo i record del mese d’agosto, la Commissione europea ha avanzato proposte radicali, annunciate il 7 settembre da Ursula von der Leyen.
In primis, al fine di contenere i prezzi, si intende ridurre la domanda di energia nelle ore di picco, fissando obiettivi obbligatori per gli Stati membri. Allo stesso tempo, si vuole imporre un tetto ai ricavi dei produttori di elettricità da fonti rinnovabili, che beneficiano di costi di generazione molto inferiori rispetto alle fonti fossili, orientando le risorse ottenute a supporto di consumatori vulnerabili e imprese. Per entrambe le misure è necessario attendere specifiche tecniche per poter esprimere valutazioni. Intanto, documenti trapelati parlano di un tetto a 200 €/MWh (4 volte circa i valori storici) per le tecnologie inframarginali (rinnovabili, nucleare e lignite) e di un obiettivo minimo di riduzione del 5% del consumo di elettricità nelle ore di picco.
Sulle società del petrolio e del gas graverà, invece, un contributo di solidarietà. La Commissione intende, inoltre, istituire uno strumento di supporto alla liquidità delle utilities, che si trovano a dover fronteggiare oneri finanziari molto gravosi. In ultimo, ma certamente non per importanza, la Presidente della Commissione ha annunciato il tanto paventato tetto al prezzo del gas fornito Russia, che oggi rappresenta il 9% circa dell’import UE a fronte del 40% della fase precedente alla guerra in Ucraina.

La proposta Mite di Price Cap

Anche in questo caso, bisogna aspettare i dettagli dell’applicazione della misura, che può significare tante cose, per poter compiere un’analisi. Proprio sul cap al prezzo del gas, si segnala, ad esempio, una proposta del Governo italiano. Il tetto, secondo il MiTE, dovrebbe essere imposto a tutte le transazioni (fisiche e finanziarie) di gas, sia in borsa sia over-the-counter, che avvengono negli hub europei. Esso dovrebbe essere posto a un livello sufficientemente alto rispetto ai valori ante guerra e rivisto regolarmente, anche sulla base dell’andamento delle quotazioni internazionali del GNL. Il cap sarebbe altresì integrato da meccanismi di compensazione, come i CfD, in modo che gli importatori possano essere ripagati della differenza tra i prezzi di acquisto e il tetto per le risorse marginali necessarie per soddisfare la domanda, generalmente il GNL acquistato sui mercati spot. Nel medio termine, le forniture di GNL andrebbero separate da quelle via tubo e spostate su una piattaforma di scambio dedicata. Dovrebbero, inoltre, essere contemplati criteri di gestione e allocazione della domanda da attivare in caso di raggiungimento del tetto e di carenza di forniture.

Il Piano di Contenimento dei consumi di gas

Nel frattempo, il MiTE ha elaborato un piano di contenimento dei consumi di gas finalizzato a risparmiare fino a 8,2 miliardi di metri cubi entro marzo 2023. Esso si articola su tre gambe: massimizzazione della produzione elettrica da fonti diverse dal gas, a partire dal carbone e dall’olio combustibile (-2,1 mld mc), il contenimento del riscaldamento in case, uffici e esercizi commerciali (-3,2 mld mc) e misure comportamentali volontarie da incoraggiare con una campagna di comunicazione istituzionale (-2,9 mld mc). L’industria per ora è esclusa, ma anche su questo fronte potrebbero registrarsi novità.

*Articolo originariamente apparso sul sito di I-COM

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