Fonti pulite

Agroenergie, l’unico freno è rappresentato dalla burocrazia

Imprenditori ed esperti del settore ne hanno discusso in occasione del terzo incontro di Economia Sotto l’Ombrellone a Lignano Pineta (UD)

Pubblicato il 25 Ago 2023

Dalle agroenergie, dal fotovoltaico e dall’agrivoltaico può arrivare un aiuto decisivo al futuro energetico e dell’agricoltura nazionale. Questa la principale conclusione di un dibattito tra esperti che si è tenuto al terzo incontro di Economia Sotto l’Ombrellone a Lignano Pineta (UD). In Italia, infatti, ci sono tutti i presupposti per raggiungere la neutralità carbonica prevista dalle norme europee entro il 2050, aumentando la produzione di energia da fotovoltaico (e dal nascente agrivoltaico) e da biomasse. A tal fine basterebbe destinare a fini energetici circa il 5% dei terreni attualmente coltivati e ciò non avrebbe alcun significativo impatto sulla produzione alimentare nazionale. L’utilizzo delle agroenergie e del fotovoltaico potrebbero anche rendere conveniente agli agricoltori recuperare una parte degli oltre 3,5 milioni di ettari (su circa 16milioni totali) teoricamente coltivabili, ma che oggi sono incolti e abbandonati.

Ma per realizzare questo scenario serve una maggiore chiarezza e stabilità normativa e meno burocrazia. Oggi, infatti, gli incrementi produttivi delle energie verdi (compreso anche l’eolico) sono rallentati da norme poco chiare, incentivi altalenanti e scadenze dei bandi impossibili da rispettare a causa di una burocrazia e un percorso autorizzativo elefantiaci.

«La tecnologia più promettente, ma ancora in fase di sviluppo – ha affermato Eros Miani, presidente di Fototherm, azienda di Gonars (Ud) fra i maggiori produttori e installatori italiani di moduli fotovoltaici – è l’agrivoltaico, che consente di installare sui campi agricoli pannelli fotovoltaici verticali. Si tratta di una tecnologia innovativa che permette di rendere compatibili su uno stesso terreno le coltivazioni agricole e la produzione di energia, avendo, comunque, una resa paragonabile a quella dei panelli messi a terra o installati sui tetti. Anche i pannelli fotovoltaici tradizionali, così come gli impianti a biomasse per la produzione di biogas e biometano e l’eolico possono, comunque, costituire un’ottima opportunità per uno sfruttamento a fini energetici dei terreni agricoli».

In Friuli Venezia Giulia in particolare basterebbe destinare circa 5mila ettari a fini energetici (circa il 2/3% del totale dei terreni coltivabili) per raggiungere l’obiettivo della totale decarbonizzazione al 2050 come previsto dagli obiettivi europei. Il problema, in particolare, non è rappresentato dalle tecnologie, che sono ampiamente disponibili, con rese in continuo miglioramento e a prezzi calanti, ma l’incertezza normativa, le scadenze dei bandi troppo ravvicinate rispetto ai tempi di realizzazione medi degli impianti e una burocrazia ancora molto lenta e pesante, soprattutto nel nostro Paese.

Gli ostacoli ancora presenti

Opinione simile quella di Marco Tam, presidente di Greenway, azienda che possiede tre impianti a biomasse e diverse attività agricole e che punta molto sull’energia verde, secondo il quale: «Il problema principale per tutte le produzioni energetiche rinnovabili non sono le tecnologie, ma le pastoie burocratiche e l’incertezza normativa. Un esempio viene dalle previsioni del 40% di finanziamenti a fondo perduto per gli impianti di biometano (che vuol dire associare a un impianto a biomasse una “mini raffineria” che consenta di estrarre il biometano) per i quali è stato previsto che gli impianti debbano essere completati entro il 2026, il che, considerato che un impianto richiede un investimento di almeno 3 milioni di euro (al netto del finanziamento) e tempi di partecipazione ai bandi, autorizzativi e costruttivi decisamente lunghi, è un’impresa quasi impossibile da portare a termine.

Tutto ciò è un gran peccato, considerato che l’Italia sarebbe tranquillamente in grado di raggiungere con il biometano una produzione pari al 30% di tutto il gas utilizzato in Italia. Ciò sarebbe anche un passaggio fondamentale per la produzione di idrogeno verde che sarà, in realtà, la vera energia del futuro sia per la propulsione dei motori termici, sia per caricare le batterie fuellcell per la mobilità elettrica. Serve, quindi, urgentemente una revisione delle tempistiche previste e una semplificazione delle procedure autorizzative».

Positiva la visione futura del mix fra energie rinnovabili e attività agricole è stata espressa anche da parte di Philip Thurn Valsassina, presidente di Confagricoltura Fvg e imprenditore agricolo in prima persona: «Per gli agricoltori, comunque – ha concluso –, le energie rinnovabili rappresentano grandi alleati, soprattutto se concepite in un mix vario. Un esempio nella nostra regione è venuto quest’anno dagli impianti a biomasse che hanno potuto utilizzare (e pagare agli agricoltori) la grande massa di coltivazioni danneggiate irreparabilmente dalle violente grandinate di qualche settimana fa e che erano diventate invendibili sui normali mercati agricoli. Un altro esempio, soprattutto per certi tipi di produzioni, può arrivare dal promettente sviluppo, anche se ancora in fase iniziale, dell’agrivoltaico, che potrebbe permettere di coniugare produzione agricola e produzione energetica».

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