Comunità energetiche e sistemi collettivi di autoconsumo, via libera dal governo

Una novità nel quadro normativo e regolamentare italiano, richiesta da Legambiente e da Italia Solare, che supera i precedenti limiti che impedivano di accomunare più di un produttore e di un consumatore per lo scambio di energia senza passare dalla rete elettrica

Pubblicato il 18 Mar 2020

Luca Baldin

Project manager Smart Building Italia

A fronte di tanti settori in cui l’Italia segna un considerevole ritardo, quello della diffusione delle fonti energetiche rinnovabili rappresenta un’eccezione virtuosa. Tra gli Stati dell’Unione Europea, infatti, il bel Paese si colloca al terzo posto per contributo delle tecnologie green sui consumi finali lordi e ben secondi per produzione di energia elettrica verde.

Sono i dati emersi dall’ultimo rapporto del GSE (Gestore Servizi Energetici), che evidenziano come il nostro Paese nel 2018 fosse l’unico in Europa ad aver già colto l’obiettivo 2020 posto dalla Direttiva 2009/28/CE, con un contributo delle rinnovabili pari al 17,8% sui consumi totali di energia, a fronte di una soglia minima stabilita del 17%.

In particolare, l’Italia ha coperto con fonti rinnovabili circa un terzo dei consumi elettrici, molti dei quali grazie all’idroelettrico, ma con un significativo contributo anche da parte del solare fotovoltaico, con un tondo 20% sul totale.

Si tratta di dati importanti, specie se osservati dalla prospettiva del cosiddetto “green new deal”, ovvero nel quadro delle strategie peculiari di sviluppo adottate dalla Comunità Europea sotto la direzione di Ursula von der Leyen.

Comunità energetiche e autoconsumo, cosa dice il decreto Milleproroghe

Alla luce di tutto ciò, appare di grande interesse anche l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto Milleproroghe, che contiene un provvedimento che apre anche in Italia alla condivisione di energia da fonti rinnovabili, grazie alla costituzione di “comunità energetiche” votate all’autoconsumo. Una novità nel quadro normativo e regolamentare italiano, fortemente voluta da Legambiente e da Italia Solare, che supera i precedenti limiti che impedivano di mettere assieme più di un produttore e di un consumatore per lo scambio di energia, senza passare dalla rete elettrica.

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Il nuovo provvedimento prefigura un approccio del tutto nuovo al tema energetico, basato sui punti di forza delle rinnovabili, ovvero il loro essere diffuse sul territorio, quindi prossime al luogo di consumo, spingendo alla creazione di quelle che potrebbero anche definirsi “mini smart grid”, basate sull’esistenza di edifici “intelligenti” che autoproducono l’energia di cui necessitano e attingono dalla rete nazionale solo quella che non riescono a produrre autonomamente. Un cambio di scenario per certi versi epocale.

Le nuove disposizioni, infatti, prevedendo un incentivo ad hoc sull’energia condivisa, aprono un vasto potenziale di domanda alle rinnovabili e in primis al fotovoltaico, anche con storage, nel mondo dei condomini, dei centri commerciali, dei distretti industriali che potranno condividere un singolo impianto costituendosi in comunità energetica.

Si tratta di un provvedimento che a tutti gli effetti anticipa la direttiva europea 2018/2001 che prefigurava proprio la nascita di comunità energetiche tra utenze che si trovino nella medesima rete distributiva e di sistemi di autoconsumo da fonti rinnovabili, superando le rigidità del sistema precedente e mirando a dar vita al cittadino “prosumer”, ovvero che produce e consuma in loco l’energia che gli serve, in collaborazione con altri cittadini/realtà a lui vicine, secondo il principio del chilometro zero.

Va precisato che quella avviata dal Milleproroghe è per ora una fase sperimentale, valida fino al 30 giugno 2021, che limita l’energia condivisa a impianti non superiori ai 200 kilowatt di potenza; tuttavia l’impatto economico del provvedimento, secondo alcuni, sarà importante, portando ad una ulteriore crescita significativa delle rinnovabili, con conseguenti ricavi in forte crescita per tutta la filiera e importanti ricadute positive sull’occupazione.

Ma proviamo a capire esattamente cosa si intenda per comunità energetiche e quali siano i soggetti che vi possono dar vita.

Cosa si intende per comunità energetica

Una comunità energetica è anzitutto un soggetto giuridico che si costituisce con lo scopo di produrre e distribuire energia da fonti rinnovabili esclusivamente tra i suoi associati. Una partecipazione quindi sempre su base volontaria tra realtà che condividono anzitutto la prossimità geografica e lo scopo. Tali realtà possono essere di natura privata o pubblica (comprese le amministrazioni comunali) e sono accomunate dall’obiettivo di condividere benefici ambientali, economici e sociali, più che profitti finanziari. Non a caso l’unico vincolo è che nessuno dei soggetti coinvolti abbia come attività prevalente la produzione di energia.

Altro elemento centrale è che l’energia prodotta dagli impianti condivisi deve essere utilizzata per l’autoconsumo istantaneo. Ciò non toglie, tuttavia, che ciò possa avvenire anche mediante l’utilizzo di sistemi di accumulo. Un dato quest’ultimo che apre a scenari molto interessanti nel quadro della mobilità elettrica, in forte crescita, dal momento che, com’è noto, le batterie delle auto possono fungere anche da sistemi di accumulo di energia per altri utilizzi.

Conclusioni

Uno scenario, quindi, quello che si prefigura, di grande interesse, che lascia intendere un approccio del tutto nuovo al tema dell’approvvigionamento elettrico, dei sistemi di monitoraggio dei consumi, della “smartness” degli edifici e di quella che oggi viene definita “smart citizenship” che ci porta lontani da approcci dirigistici post fordisti e apre invece a una logica di “comunità” del tutto nuova, responsabile e sostenibile perché intelligente; dove la rivoluzione digitale dei big data trova applicazione concreta, quasi ci si fosse accorti che i grandi e ineludibili obiettivi che l’umanità si sta dando, non siano perseguibili se non partendo dalla piccola scala e dalla condivisione. In questo senso le comunità energetiche non sono altro che un aspetto della comunità smart in una logica di integrazione sempre più evidente.

Un approccio nuovo che apre anche a problematiche, per ora premature, ma reali: come la sostenibilità dei costi di gestione della rete, che è e rimarrà necessaria, ma che potrebbe entrare in crisi nel momento in cui il “traffico” di energia dovesse scendere sotto i livelli minimi sufficienti a coprirne gli oneri. Scenari per ora futuribili, ma a cui sarà bene pensare per tempo.

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Luca Baldin
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