Sostenibilità

Comunità energetiche: il futuro per lo scambio energetico produttivo nelle infrastrutture

L’energia può essere condivisa tra i cittadini di una comunità, abitanti, attività commerciali e imprese del territorio allo scopo di favorire la sostenibilità, ridurre la povertà energetica e generare un ciclo economico a basse emissioni di carbonio

Pubblicato il 10 Giu 2020

Marco Santarelli

expert in network analysis, critical infrastructures, big data and future energies

I dati e le analisi sull’energia rinnovabile più recenti parlano chiaro: secondo le statistiche, rese disponibili dal Rapporto Attività GSE 2019, nel 2018 i consumi finali lordi di energia rinnovabile sono del 17,8%, superiore al target stabilito dalla Direttiva 2009/28/CE per il 2020 (17%). Sempre nello stesso anno i consumi interni lordi di energia elettrica coperta da fonti sono del 33,9%, in lieve flessione rispetto al 2017 (34,1%), ma superiori al valore individuato nel Piano di Azione Nazionale per il 2020 (26,4%). Per quanto riguarda il settore termico, la quota è pari al 19,2%, un valore in flessione rispetto al 2017 (20,1%), ma superiore di 2 punti percentuali al valore indicativo individuato nel Piano di Azione Nazionale per il 2020 (17,1%).

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La flessione della quota FER è legata principalmente alla contrazione dei consumi di energia termica da rinnovabili (dagli 11,2 Mtep del 2017 a 10,7 del 2018, per una variazione pari a -5%), maggiore – in proporzione – a quella dei consumi settoriali complessivi (-0,6%, da 55,8 a 55,5 Mtep). Nel 2019 il rapporto ha calcolato 2,6 miliardi di investimenti nel settore Green, 14,8 miliardi per la promozione della sostenibilità: si tratta del 18% dei consumi da fonti rinnovabili. Infine, sono stati installati circa 900.000 impianti green, che raggiungono una potenza totale di quasi 55.500 MW.

In un momento così particolare come quello “post” emergenza che stiamo vivendo in Italia, anche se ancora forse non possiamo parlare del tutto di “post”, la transizione energetica, con il coinvolgimento di cittadini, aziende e pubbliche amministrazioni, può sicuramente facilitare la ripresa socio-economica del Paese e gli obiettivi 2030.

Se l’energia prosegue il suo percorso verso la sostenibilità, allo stesso tempo si stanno diffondendo anche nuovi modi di produrre, ma soprattutto condividerla. “Energia pulita per tutti gli europei” (CEP) è la prima parte di nuove normative, approvate dall’Unione Europea a dicembre 2018 sulla transizione energetica, che daranno un ruolo speciale e attivo ai cittadini e alle comunità locali, portando alla costituzione così delle cosiddette Comunità Energetiche.

La nascita delle Comunità Energetiche

Cos’è una Comunità Energetica? Si tratta di una comunità locale che genera e auto-consuma energia green, sostenendo in questo modo la comunità locale e favorendo la sostenibilità. Quindi Energia e Comunità: l’energia può essere condivisa tra i cittadini di una comunità, abitanti, attività commerciali e imprese del territorio allo scopo di favorire la sostenibilità, ridurre la povertà energetica e generare un ciclo economico a basse emissioni di carbonio.

Portatore di questi obiettivi è un progetto partito lo scorso luglio 2019, il Progetto Geco (Green Energy Community), finanziato dalla Climate – KiC e coordinato dall’Agenzia per l’Energia e lo Sviluppo Sostenibile di Modena (AESS), l’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e l’Università di Bologna. I quartieri di Pilastro e Roveri di Bologna sono stati scelti come luoghi pilota per promuovere la generazione e l’autoconsumo delle rinnovabili sfruttando una comunità energetica locale. Le varie attività del progetto, che sfruttano le intelligenze sociali e le tecnologie di gestione della domanda e di stoccaggio, mirano alla produzione a all’uso di energia rinnovabile a livello locale, ottimizzando la rete di distribuzione energetica e facendo in modo che le soluzioni innovative integrino le fonti di energia rinnovabile nella rete nazionale e fornendo servizi come il controllo del bilanciamento della tensione, la gestione di picchi di consumo energetico, l’abbassamento del picco domanda e il risparmio energetico. Il progetto, con l’impegno e la responsabilizzazione della comunità, consentirà alla città di Bologna di lavorare per l’attuazione del Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile (PAES) e degli Obiettivi di Sviluppo della Sostenibilità (SDG) riducendo le emissioni di CO2 e garantendo un’energia pulita e gestibile. Il progetto mira anche a contribuire all’iniziativa ‘1 milione di case”.

Conclusioni

In tal senso, Jeremy Rifkin, economista statunitense, prefigurava già tempo fa un futuro in cui ognuno sarebbe stato in grado di autoprodurre la propria energia. La creazione di veri e propri quartieri autonomi dal punto di vista energetico consente la cosiddetta grid parity, il punto in cui l’energia elettrica prodotta a partire da fonti rinnovabili ha lo stesso prezzo dell’energia da fonti fossili, per produrre e soddisfare il fabbisogno locale in cui è installata. Serve una sorta di rivoluzione di pensiero, forse già in atto se vogliamo essere ottimisti, al pari di quella cui si è assistito tra Medioevo e Rinascimento. Rifkin per molti aspetti ha visto più lontano degli altri: basti pensare che lui parlava dell’avvento delle stampanti 3D già vent’anni fa.

Ci sono poi fonti energetiche ancora da scoprire o da rivalutare, come la geotermia a bassa entalpia, che fa sì che sia l’uomo ad adattarsi alla natura e non viceversa, o anche l’energia idroelettrica con un’infrastruttura più “leggera”, decisamente più sostenibile e meno invasiva. Ci sono già sperimentazioni che vedono lo sfruttamento ambientalmente corretto dei fiumi e torrenti senza snaturare il loro alveo. La vera forma di energia intelligente e sostenibile resta sempre l’efficienza energetica.

In questo contesto bisognerà sempre prestare attenzione alle infrastrutture critiche in cui le reti, essendo interconnesse rappresentano un problema poiché sono soggette a effetto domino in cui ogni nodo è esposto a una criticità.

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