Green economy

ESG: perchè i rating sulla sostenibilità sono sempre più importanti nel mondo dell’energia

Il settore energetico è il maggiore responsabile del climate change a livello globale. Per questo motivo gli investitori cercano aziende capaci di dimostrare in maniera obiettiva il proprio impegno sul fronte della decarbonizzazione

Pubblicato il 27 Gen 2021

Perché un settore come l’energia sta guardando sempre di più guardando a investimenti in chiave ESG (Environmental, Social e Governance)? Prima di rispondere a questa domanda, occorre naturalmente fare un passo indietro e spiegare di che cosa stiamo esattamente parlando quando facciamo riferimento all’acronimo ESG. Dietro questa sigla ci sono tutta una serie di elementi di valutazione utilizzati nel settore finanziario per giudicare la sostenibilità degli investimenti, in un’ottica di valutazione complessiva di un’impresa che va oltre i risultati puramente economici, prendendo in considerazione anche aspetti ambientali, sociali e di governance. Si tratta di criteri sempre più familiari per il mondo dell’energia: sta infatti diventando sempre più difficile per le aziende energetiche e di servizi pubblici ignorare l’importante ruolo della rendicontazione ambientale, sociale e di governance (ESG) nel loro successo a lungo termine. Gli investitori non vogliono solo incorporare i dati ESG nel loro processo decisionale, ma oggi si aspettano anche di avere a disposizione tali informazioni, tanto che ormai la grande maggioranza delle utility pubblica report annuali di sostenibilità in cui vengono presi in considerazione tutti questi aspetti.

L’energia al centro del Climate Change

Ma perché questa attenzione nei confronti dei criteri ESG? Il punto fondamentale è che la produzione e l’utilizzo di energia – fondamentale per tutte le attività umane – sono le massime responsabili delle emissioni di carbonio in atmosfera a livello globale, per effetto dell’utilizzo di fonti principalmente di origine fossile, come carbone, gas e petrolio. La sovrapproduzione di CO2, come ormai riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale, è a sua volta causa numero uno del cambiamento climatico, che minaccia l’equilibrio del Pianeta così come l’abbiamo conosciuto sino ad oggi. Un dato di fatto che, ormai, ha fatto presa anche nell’opinione pubblica e nei consumatori, che sempre di più pretendono dalle aziende una crescente attenzione alle tematiche ambientali e green. Questo basta a spiegare perché la fame di dati ESG tempestivi e trasparenti sia destinata a essere in continuo aumento, in particolare da parte degli investitori che hanno a che fare con il mondo dell’energia e dei servizi pubblici.

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Il tema dell’energia è sempre più strettamente connesso con le logiche di sviluppo di altri settori e industrie. In particolare il mondo dell’agricoltura sta assumendo un ruolo sempre più importante grazie anche ai benefici che mettono in diretta relazione agricoltaico, mondo agrifood e ESG.

Le utility alle prese con la decarbonizzazione

Messa in altri termini: per un qualsiasi fondo o operatore finanziario è oggi diventato difficile continuare a investire esclusivamente su società che hanno che fare con le risorse fossili come petrolio e carbone. Le conseguenze, in termini di immagine verso l’esterno, rischierebbero di essere molto negative. Inoltre, gli stessi investitori hanno a che fare con uno scacchiere globale in cui l’utilizzo delle risorse fossili diventa sempre più difficile e meno remunerativo, mentre quello delle fonti green è promosso e incentivato. Questo significa, in un’ottica Risk Management, che il mondo tradizionale dell’energia presenta un rischio significativo di disruption economica: gli impianti alimentati a carbone e altre infrastrutture alimentate a combustibili fossili rischiano infatti di essere dismessi molto prima della conclusione della loro vita economica, rivelandosi come “asset non recuperabili”. Basti pensare che, secondo una stima dell’annuale Energy Market Review di Willis Towers Watson i costi degli impatti fisici e delle interruzioni dell’attività per le società del mondo oil & gas può essere stimato in circa 2,2 trilioni di dollari da qui al 2030. Al contrario, secondo Bloomberg New Energy Finance, quasi il 78% dei GW netti di capacità di generazione aggiunti a livello globale nel 2019 erano nelle rinnovabili (eolico, solare, biomasse e rifiuti, geotermia e piccolo idroelettrico). Non solo: l’investimento nelle rinnovabili, escluse le grandi centrali idroelettriche, era più di tre volte superiore rispetto a quello ai nuovi impianti a combustibili fossili.

Perchè gli investitori hanno bisogno dei rating ESG

Chiaramente la transizione verso l’impiego di energia a basso impatto di carbonio necessita di enormi volumi di capitale: attualmente gli investimenti nell’energia rinnovabile a livello globale sono pari a circa 350 miliardi di dollari l’anno, una cifra molto lontana dai 609 miliardi che – secondo le stime – sarebbero necessari per raggiungere l’obiettivo del contenimento del surriscaldamento globale a 2°C. Ulteriori investimenti sono necessari nello stoccaggio dell’energia (per sopperire all’intermittenza nella produzione di energia rinnovabile) e nello sviluppo della rete, stimati in altri 650-750 miliardi l’anno (fonte Aberdeen Standard Investment). Per effettuare questi investimenti le utility e altri operatori del mondo energetico non possono fare conto soltanto sulle proprie forze, ma devono necessariamente fare riferimento ai capitali esterni, tra cui rientrano i classici mercati azionari e obbligazionari, dove operano gli investitori istituzionali. Che dunque, prima di investire in aziende energetiche troppo legate al petrolio e al vecchio modo di fare energia, hanno necessità di valutare in maniera obiettiva il loro grado di apertura e interesse verso il nuovo mondo della green energy. A questo, dunque, servono i parametri ESG: insomma, è sempre più evidente che oltre ai numeri relativi a fatturati e profitti, le parti interessate a investire nelle aziende dell’energia (istituti di credito, assicuratori, azionisti) guarderanno sempre di più all’andamento dei rating ESG, scegliendo preferibilmente aziende con credenziali ESG comprovate e certificate. Questo significa, in soldoni, che le aziende energetiche che vogliono avere le carte in regola per affrontare le sfide poste dalla decarbonizzazione e dal cimate change devono raggiungere punteggi elevati nei rating ESG, così da ottenere o mantenere il supporto di stakeholder e investitori per la propria attività.

Cosa contengono i rating ESG in materia di energia

Ma come vengono stilati i rating ESG in materia di energia? Premesso che esistono numerosi indici ESG che hanno a che fare con questo settore, un buon punto di riferimento a livello internazionale sono gli standard contabili di sostenibilità specifici del settore rilasciati dal Sustainability Accounting Standards Board (SASB). Gli standard, creati per 77 settori, tra cui energia e servizi pubblici, hanno lo scopo di fornire informazioni su quali metriche quantitative e qualitative dovrebbero essere riportate agli investitori e come. Di particolare importanza, per quello che ci interessa, sono gli standard per il mondo utility, che sono elaborati a partire da otto diverse categorie:

1) Emissioni di gas a effetto serra e piano energetico: la logica è che le aziende possono ridurre le emissioni di GHG dalla generazione di elettricità principalmente attraverso un’attenta pianificazione dei proprie investimenti infrastrutturali, per garantire un mix energetico in grado di soddisfare i requisiti di emissioni previsti dalla normativa e implementando tecnologie e processi leader del settore. Occorre dunque valutare la strategia o il piano a lungo e breve termine per gestire le emissioni, gli obiettivi di riduzione delle stesse e un’analisi delle prestazioni rispetto a tali obiettivi
2) Emissioni nell’aria dei seguenti inquinanti: si valutano le emissioni di NOx (escluso N2O), SOx, particolato (PM), Pb e Hg; In particolare si guarda alla percentuale di ciascuno in prossimità di aree ad alta densità di popolazione
3) Gestione delle ceneri da carbone:  si valuta la quantità di rifiuti totali e materiali secondari generati da operazioni, percentuale pericolosa e la percentuale riciclata
4) Gestione delle risorse idriche: Gli indicatorin valutano l’acqua totale prelevata e l’acqua totale consumata, la percentuale nelle regioni con alto o estremamente alto stress idrico di riferimento. Si verifica anche il numero di casi di non conformità con la qualità dell’acqua e / o permessi quantitativi, standard e regolamenti. Sono presi in considerazione i rischi di gestione dell’acqua e le strategie e pratiche per mitigare tali rischi
5) Uso del suolo e relazioni con il territorio: Si verifica il numero di progetti che richiedendo modifiche ambientali o sociali, e percentuale di modifiche derivanti da intervento pubblico formale o proteste. Si valuta la presenza di processi di coinvolgimento della comunità per identificare e mitigare le preoccupazioni riguardanti il progetto ambientale e impatti sulla comunità
6) Trasmissione elettrica: Si misura la percentuale di carico elettrico servito da smart grid;  ma anche il risparmio di elettricità conseguito dai clenti grazie a misure di efficienza e percentuale di rispetto dei requisiti di risparmio normativi
7) Gestione legale: Si valuta l’importo complessivo delle multe legali e regolamentari. Il senso di questi parametri è che per evitare potenziali distruzioni di valore, le utiliy necessitano quindi di forti controlli interni per garantire la conformità a tutte le leggi applicabili, nonché una strategia di regolamentazione a lungo termine in linea con gli interessi della società.
8) Gestione dell’energia nucleare:  Per quelle utility ancora impegnate sull’energia atomica, si prende in considerazione la quantità totale di rifiuti radioattivi ad alto livello immagazzinati e la capacità di stoccaggio totale

Ovviamente, non basta mettere in piedi una strategia ESG, ma occorre anche seguirla al meglio. Le utility stesse, per comprendere quanto e come stanno agendo in questa direzione, dovrebbero porsi una serie di domande:

1) Quali sono le attuali attività ESG dell’azienda?
2) Qual è lo stato della rendicontazione ESG dell’azienda? Questi sforzi sono adeguati rispetto ai rapporti dei concorrenti?
3) Quante comunicazioni relative ai fattori ESG degli investitori e quante richieste di dati ESG aggiuntivi riceve l’azienda?
4) Quanto è efficiente il processo per ottenere dati ESG ed esiste la possibilità di semplificarlo?

Con le giuste risposte le aziende possono guadagnarsi una reputazione di trasparenza emettendo direttamente dati ESG tempestivi, accurati, qualitativi e quantitativi, a disposizione del processo decisionale degli investitori. Senza dimenticare che, grazie a un’efficace strategia ESG, le aziende energetiche possono utilizzare le risorse in modo più efficiente e ridurre i propri costi.

L’ESG per l’Industria delle fonti fossili

Come abbiamo visto in precedenza, la comunità internazionale sta cercando si sforza di affrontare il cambiamento climatico e di ridurre le emissioni di carbonio. Difficilmente, però, si potrà rinunciare al petrolio, al gas e al carbone dall’oggi al domani: piuttosto, si tratterà di un processo lungo decenni e sicuramente complicato. Questo non toglie che le grandi compagnie del mondo oil possano disinteressarsi del proprio ruolo sociale: anzi il controllo delle emissioni aziendali e del valore a rischio non farà che aumentare nei prossimi anni, traducendosi in forti pressioni da parte di investitori, azionisti e – soprattutto – normative per comportamenti sempre più rigorose in materia di rendicontazione delle proprie attività, che per loro natura stessa sono a elevato impatto ambientale. Le industrie legate al mondo delle risorse fossili, parallelamente a una riconversione verso attività più green, dovranno  continuare a operare dimostrando il proprio costante impegno ambientale nei confronti degli azionisti, dei dipendenti e delle comunità locali. Dunque sarà importante dimostrare il proprio impegno nei confronti di parametri come le emissioni di carbonio, l’uso delle rsiorse idriche, il rispetto dei diritti umani, l’impatto socioeconomico locale  e così via. Sempre di più dovranno essere presi in considerazione rischi legati a terze parti, come appaltatori, fornitori, funzionari locali e comproprietari di progetto. Diventa quindi fondamentale, in poche parole, operare in ottica ESG anche per queste tipologie di imprese, così da ridurre i propri rischi di impresa e aumentare l’accettabilità sociale delle proprie attività.

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Gianluigi Torchiani

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