Sostenibilità

Greenpeace: le big del petrolio europee si impegnano troppo poco nella transizione energetica

Secondo un report dell’associazione ambientalista appena il 7,3% degli investimenti è destinato alla produzione di energia sostenibile e a basse emissioni di carbonio

Pubblicato il 24 Ago 2023

La transizione energetica sta caratterizzando il settore energy nel XXI° secolo

Le grandi aziende petrolifere europee sono ancora troppo poco impegnate nella transizione energetica e nella riduzione delle emissioni climatiche: un’analisi critica. È quanto emerge dal rapporto “The Dirty Dozen” di Greenpeace, che analizza gli investimenti e le politiche energetiche delle dodici maggiori aziende europee del settore, tra cui ENI, Shell, BP e TotalEnergies.

Pochi investimenti nelle rinnovabili

Lo studio arriva dopo l’anno record del 2022, nel quale molte compagnie petrolifere hanno riportato i profitti più alti della loro storia, per effetto delle quotazioni record delle materie prime energetiche. L’analisi mostra che i profitti di queste imprese sono aumentati in media del 75% nel 2022, mentre i ricavi sono cresciuti del 70%.  Tuttavia, nonostante questi risultati record, sembra però permanere una predominanza unilaterale degli investimenti nel settore dei combustibili fossili nel 2022: in media, il 92,7% degli investimenti è stato destinato alla continuazione del business tradizionale, mentre solo il 7,3% è stato destinato a un cambiamento verso la produzione di energia sostenibile e soluzioni a basse emissioni di carbonio.

La fornitura energetica rimane ancora più sbilanciata: la produzione di energia eolica e solare da parte delle grandi compagnie petrolifere è ancora  bassa. In media, delle 12 compagnie prese in esame, solo lo 0,3% del volume energetico è attribuibile alla loro produzione di energia elettrica rinnovabile, mentre il 99,7% è attribuibile alla loro produzione di petrolio e gas.

Inoltre, secondo Greenpeace, le compagnie petrolifere stanno concentrando la loro pianificazione strategica principalmente sul CCS (Carbon Capture and Storage) e sugli offset delle emissioni di carbonio, ovvero approcci ritenuti molto controversi dall’associazione ambientaliste. Altre opzioni, come i biocarburanti avanzati, l’idrogeno verde o altri gas verdi, vengono spesso menzionate, ma la loro fornitura è in gran parte affidata ad altre industrie. Per quanto riguarda le risorse fossili, secondo il report le compagnie petrolifere anziché a ridurre direttamente le quantità di emissioni, sono soprattutto concentrate nel limitare l’intensità delle emissioni per unità di produzione (barile di petrolio, metro cubo di gas naturale).

I ritardi di ENI

Fra le aziende esaminate, come detti, c’è anche l’italiana ENI, che nel 2022 ha registrato entrate record per 132,5 miliardi di euro, il 109% in più rispetto al 2019-2021, e i profitti più alti di sempre, con un utile operativo adjusted pari a 20,4 miliardi di euro, più che raddoppiato rispetto all’anno precedente. Nonostante questi numeri, degli 8,1 miliardi di euro di investimenti in conto capitale, ben il 90% è stato destinato al comparto fossile e appena 0,6 miliardi di euro, pari a poco meno dell’8%, sono stati investiti nella generazione e vendita di energia, e di questi solo una parte alle energie rinnovabili.

I dati del report sono insomma poco confortanti, tanto che l’associazione si spinge a parlare di una vera e propria politica di green washing da parte di queste realtà. «Sebbene la crisi climatica sia sempre più grave, l’industria dei combustibili fossili continua ad aggrapparsi a un modello di business distruttivo – dichiara Simona Abbate, campaigner Energia e Clima di Greenpeace Italia – . I piani di decarbonizzazione delle aziende fossili, oltre a essere inadeguati, si rivelano solo parole vuote: invece di investire davvero nell’energia rinnovabile di cui abbiamo bisogno, ci inondano di pubblicità ingannevoli infarcite di greenwashing. Continuare a investire in gas e petrolio è un crimine contro il clima e le generazioni future. I governi hanno la responsabilità di guidare la transizione energetica, incentivando le fonti rinnovabili e pianificando un rapido abbandono dei combustibili fossili».

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