Incentivi

L’incentivazione delle fonti di energia rinnovabile

I requisiti richiesti sono: modalità di incentivazione in funzione del livello di maturità tecnologica, regole di comportamento per i produttori, progressiva sostituzione dei meccanismi, promozione della concorrenza, divulgazione ai consumatori

Pubblicato il 15 Apr 2020

Cecilia Bottoni

dott.ssa in scienze politiche

Gli odierni cambiamenti strutturali che hanno investito il settore dell’energia elettrica, dai processi di liberalizzazione e ai sempre più stringenti vincoli internazionali e comunitari in tema di tutela ambientale, hanno sottolineato la necessità di rivolgere l’attenzione dei policy maker: l’obiettivo è quello di implementare misure più efficienti al fine di sostenere la riduzione del carbonio in atmosfera attraverso la decarbonizzazione del sistema economico mondiale.

Incentivazione delle fonti di energia rinnovabile, in requisiti minimi

A livello nazionale e internazionale, la politica ambientale si spende a favore dello sviluppo di tecnologie volte a impiegare fonti rinnovabili nella generazione di energia elettrica: una quota crescente di energia elettrica da fonti rinnovabili nel bilancio energetico di un paese produce efficienza, in quanto lo sviluppo di nuove tecnologie può dare impulso positivo alla crescita economica permettendo la crescita delle attività del settore; inoltre, si incrementa la sicurezza negli approvvigionamenti, limitando di conseguenza la vulnerabilità e la dipendenza energetica. L’energia elettrica prodotta al fine di raggiungere un elevato grado di decarbonizzazione del sistema produce extra-costi di generazione, per i quali sono necessari determinati incentivi al fine di raggiungere la loro totale copertura.

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Al fine di raggiungere un costo di generazione minimo e contemporaneamente un mercato concorrenziale, la strategia efficiente d’incentivazione delle fonti rinnovabili deve soddisfare alcuni requisiti minimi: modalità di incentivazione in funzione del livello di maturità tecnologica e delle potenzialità esistenti in ogni specifica tecnologia; regole di comportamento che inducano i produttori a migliorare l’efficienza tecnologica degli impianti di generazione da fonte rinnovabile; la progressiva sostituzione dei meccanismi di incentivazione compatibili con il mercato concorrenziale ai meccanismi basati sul solo criterio del sussidio; promozione della concorrenza tra tutte le imprese di generazione operanti sul mercato; divulgazione ai consumatori di un’informazione trasparente circa il vero costo dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e non rinnovabili.

Certificati verdi e feed-in tariffs, cosa sono, a cosa servono

In Italia, a partire dagli anni Novanta, sono stati istituiti due principali sistemi di incentivazione economica per le fonti di energia elettrica rinnovabile: i certificati verdi e le feed-in tariffs. Il meccanismo dei certificati verdi si basa sull’obbligo, posto dalla normativa a carico dei produttori e degli importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere annualmente nel sistema elettrico nazionale una quota di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabile. Nel modello, in caso di deficit di produzione da fonti rinnovabili da parte degli operatori sottoposti all’obbligo della quota, si poteva sanare l’obbligazione acquistando un certo numero di certificati verdi dal Gestore del sistema elettrico o dai produttori che hanno realizzato nuovi impianti a energia elettrica rinnovabile; in caso di surplus, i certificati verdi relativi a impianti alimentati da energia elettrica rinnovabile realizzati in proprio potevano essere venduti per la parte eccedente la quota obbligatoria.

Il sistema di valorizzazione dei certificati verdi sul mercato consentiva ai produttori di ottenere un ricavo addizionale che, sommato al ricavo ottenuto dalla cessione al mercato dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, permetteva la copertura degli extra-costi dell’elettricità “verde” rispetto al prezzo di mercato dell’energia elettrica. Il D.Lgs. 3 marzo 2011 n. 28 ha riformato il sistema di incentivazione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili, prevedendo che l’attuale sistema di mercato basato sui certificati verdi (CV) venga sostituito gradualmente da un sistema di tipo feed-in tariffs. Il meccanismo consiste nell’impegno da parte del fornitore di elettricità di acquistare energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili nella sua area di competenza, pagando una tariffa stabilita dall’autorità pubblica e garantita per un certo periodo (generalmente 20-25 anni). Il valore FIT corrisponde al prezzo pieno pagato al produttore di elettricità per ogni kW/h generato e può includere un premio aggiuntivo rispetto al prezzo di mercato: sono esclusi gli sgravi fiscali e i sussidi eventualmente concessi dal governo. In Italia dal 2003, con il D. lgs. 383/2003, si stabilì che dovesse essere incentivata attraverso il sistema FIT la costruzione di pannelli fotovoltaici. L’incentivo concesso dipendeva dal tipo di installazione (impianto o pannelli posti sui tetti delle abitazioni) e dal picco di potenza raggiunto: impianti con potenza superiore a 20 kW/h ottenevano l’incentivo e vendevano l’elettricità in eccesso, a un prezzo fisso, all’operatore della rete nazionale; i piccoli produttori avevano la possibilità di pagare il consumo netto di elettricità e ottenere un beneficio addizionale di pari livello al prezzo di acquisto dell’energia elettrica.

Sebbene l’Italia sia diventato uno dei paesi con il più grande stock di pannelli fotovoltaici, la crescita incontrollata ha condotto a delle importanti conseguenze che hanno determinato la dismissione del meccanismo di feed-in tariff: l’onere sostenuto dai cittadini e dalle imprese, riversato poi nelle bollette elettriche, è di 8 miliardi di euro nei prossimi venti anni; il fatto che la gran parte dei costi sia trasferita all’estero, poiché nessun produttore di pannelli solari ha sede in Italia, e che vi sia una forte concorrenza asiatica nei prezzi della manifattura degli stessi ha contribuito a rendere non particolarmente significativi i benefici derivanti dagli incentivi. Questo ha dato vita a una bolla tecnologica dovuta al taglio degli investimenti. In ultimo, non si è verificato un miglioramento della performance in quanto gli incentivi erano elargiti per la costruzione e non per lo sviluppo di tecnologie innovative.

I certificati bianchi, cosa sono, a cosa servono

Con il D.M. 20/07/04, il ministero delle Attività produttive e quello della Tutela dell’ambiente e del territorio hanno introdotto un sistema innovativo in tema di promozione dell’efficienza e del risparmio energetico, basato sullo scambio di titoli commercializzabili: i titoli di Efficienza energetica (TEE), anche noti come certificati bianchi (CB), emessi dal Gestore del Mercato Elettrico, a favore dei distributori di energia elettrica, con l’intento di certificare la riduzione dei consumi derivante da interventi e progetti finalizzati a ottimizzare l’efficienza energetica.

Entrati in vigore dal 2005, i certificati bianchi sono titoli negoziabili, possono essere scambiati e valorizzati sulla piattaforma di mercato gestita dal GME o attraverso contrattazioni bilaterali. A tal fine, tutti i soggetti ammessi al meccanismo sono inseriti nel Registro Elettronico dei Titoli di Efficienza Energetica del GME. Il valore economico dei titoli è definito nelle sessioni di scambio sul mercato e un certificato equivale al risparmio di una Tonnellata Equivalente di Petrolio (TEP). Da una parte anche questo sistema innovativo ha presentato delle criticità quali: la difficile interazione con gli altri sistemi di incentivazione (certificati verdi), la debolezza degli interventi attuati, caratterizzati da tecniche innovative solo per il breve periodo e quindi non destinate a eco-innovazioni tecnologiche radicali, la mancanza di un data base pubblico dove ricercare i criteri di valutazione applicati, in modo tale da rendere generalizzabile e fruibile a tutti un modello già implementato e approvato.

Dall’altra, le grandi potenzialità di tale strumento sono testimoniate dai risultati soddisfacenti conseguiti in questi anni di operatività: nel 2017 si sono registrati 1,31 Mtep di risparmi, pari a una riduzione di emissione nell’atmosfera di circa 5 Mt di CO2.

Con il decreto del ministero dello Sviluppo economico del 31 luglio 2009 è stata istituita una nuova tipologia di certificati definiti “Certificazioni di origine per impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile. Si tratta di titoli da assegnare ai produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili in relazione all’energia elettrica, effettivamente prodotta e immessa in rete in ciascun anno solare, volti a promuovere la trasparenza dei contratti di vendita di energia rinnovabile.

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