Esperto in gestione energia e energy manager, figure di riferimento per l’efficienza energetica

Le loro competenze però sono differenti: il primo può effettuare la diagnosi energetica, il secondo studia la gestione dell’energia per aziende e enti pubblici

Pubblicato il 27 Feb 2020

Marco Santarelli

expert in network analysis, critical infrastructures, big data and future energies

In ambito energetico  esistono due figure di riferimento che si occupano dell’efficienza energetica nelle aziende e nella pubblica amministrazione: energy manager e esperto in gestione energia (EGE). Spesso vengono associate e confuse, ma non sempre sono la stessa cosa.

Esperto in gestione energia e energy manager, quali differenze, riferimenti normativi

L’EGE è certificato dalla UNI EN 11339, ha competenze verticalizzate sull’efficienza energetica e può effettuare la diagnosi energetica; è un professionista che può essere anche esterno all’azienda, esperto in diagnosi, efficienza energetica e richiesta certificati bianchi (esterno anche all’energy manager). L’energy manager è stato introdotto dalla legge 10/91 ed è obbligatorio per le imprese energivore, studia la gestione dell’energia e l’efficienza durante tutto l’anno per determinate aziende ed enti pubblici. Il D.Lgs 115/08 identifica l’EGE come professionalità dotata di competenze trasversali e che va anche a stabilire i termini di risparmio, approvvigionamento dell’egida per le aziende e enti pubblici. Il DLgs. 102/2014 prevede la certificazione di questa figura in base alla norma UNI CEI 11339 anche come parte terza. Le imprese, per dotarsi di un sistema di gestione dell’energia conforme alla norma ISO 50001, fanno riferimento a queste due figure.

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In questo scenario la prima responsabilità dell’EGE e dell’energy manager è quella di dotarsi di due figure di supporto per gli altri ambiti sopra menzionati, ovvero le criminalità informatiche e la possibilità di inquadrare definitivamente l’energia come infrastruttura critica. Tali ambiti hanno bisogno, quindi, di figure che studiano a loro volta fattori corrispondenti che sono: intelligence ambientale e crisis management (con la sua recente declinazione di business continuity). Entrambe aiutano e amplificano la figura dell’EGE facendogli valutare degli aspetti che fino a ieri erano relegati in un cassetto.

Oggi l’approccio è globale e la possibilità che si verifichino degli eventi inaspettati è molto più alta rispetto a un approccio di tipo tradizionale. La stessa rete fisica è una vera e propria infrastruttura che riguarda la vita sociale delle persone ed è un bisogno primario. L’energia quindi non è oggi solo un servizio, ma anche insieme di dati sensibili e vulnerabili. Ridisegnare il valore e la collocazione più evoluta delle due figure per gestire l’energia in tutta la materia di energy management è, quindi, non solo un dovere, ma un diritto delle aziende che devono aprirsi a questo approccio. Non si tratta più di monitorare soltanto i dettagli dei consumi, ma di aprire scenari possibili e futuristici in cui l’energia, come infrastruttura essenziale quindi, sia un campo di indagine di importanti valutazioni per le contromisure contro attacchi terroristici o di possibili alert criminosi di ogni genere. Da questo si possono abbassare le percentuali di attacco in maniera considerevole.

Cosa fanno EGE e energy manager

Con i due operatori del settore (esperto di intelligence ambientale e esperto in crisis management) bisogna predisporre insieme delle analisi con i cosiddetti “indicatori sensibili” che aiutano a individuare degli eventi prima che si verifichino e che rappresentano già un “indizio”. Ovvero qualcosa di valutabile a seguito di un qualche evento che si è ripetuto più volte. Pensiamo al black out: possiamo storicizzare gli eventi, studiare dove si sono verificati finora, mappare le aree e creare degli alert e tipologie in cui si va a classificare l’evento come guasto naturale, come guasto da errore umano o guasto da cause criminose. Con l’analisi di questi indicatori si può, con l’aiuto del crisis management e la business continuity, dare continuità all’operato, valutandone già da subito il rischio e il protocollo di intervento. Con l’attività di intelligence ambientale, invece, si può mettere in atto una strategia preventiva per ridurre e minimizzare gli effetti di tutti i potenziali rischi e delle possibili minacce.

Questo iter ci permette di fare attività di ricerca, di selezione, di analisi e di distribuzione di informazioni su tutto ciò che accade o sta per accadere sull’area di studio. L’etimologia latina del termine intelligence, “inter legere”, aiuta le due figure con i loro due collaboratori, a leggere tra le righe, dalle abitudini sui consumi, agli sviluppi, i significati e i rimedi. Pensiamo ai grandi gruppi industriali: oggi sono esposti a mille negatività che le sole strumentazioni tecnologiche per il monitoraggio non permettono di cogliere. L’energy manager e l’EGE possono evidenziare ripetizioni, consumi e quantità di energia distribuita, ma sfuggono a collegamenti, anomalie e discordanze.

Facciamo un esempio: l’analisi dell’energia consumata da fonti rinnovabili in una qualsiasi azienda in cui il processo di produzione è legato ai rifiuti. Insieme alla possibilità di capire quanti rifiuti occorrono per produrre energia, ad esempio come biomassa, bisogna capire se dietro a quei rifiuti c’è criminalità. La stessa criminalità che individua un business ha l’obiettivo di ottimizzare il ciclo dei rifiuti. Questo ci aiuta a scoprire come i malintenzionati innestano quantità di risorse economiche in maniera illegale. Come? Proponendosi con costi più bassi e come chi è in grado di raccogliere i rifiuti illegali da un punto ad un altro molte volte offrendo servizi chiavi in mano. Il ciclo, essendo illegale, ci permette anche di prevenire la trasformazione dei rifiuti illegali, le false certificazioni e le false riqualificazioni. Pensiamo a come possa emergere ed essere qualificante prevenire una sorta di rete di corruttela di questo genere e come si possa dare un colpo forte al traffico illecito di rifiuti speciali pericolosi. Da questo punto di vista se l’EGE e l’energy manager devono essere esperti in gestione dell’energia devono essere, quindi, interdisciplinari, chiamati “anche ad agire nel contesto del nuovo mercato europeo dell’energia, basato su principi quali la liberalizzazione dei mercati, le misure energetiche e ambientali”, a dare equilibrio e sensatezza agli investimenti delle aziende, interpretando al meglio le esigenze della stessa azienda mantenendo il vero interesse tra il committente della diagnosi, i fornitori di energia, i gestori di rete.

Come operano nella gestione della crisi e del rischio

EGE e energy manager devono anche aiutare le Energy Service Company e i produttori che propongono impianti da fonti rinnovabili. Entrambi, secondo la norma UNI-CEI 11339, hanno, nella diversità dei compiti sopra descritta, un ruolo di responsabile del sistema gestione energia nell’ambito della norma ISO 50001 e non possono distogliere l’attenzione sul miglior operato possibile. In tale direzione bisogna, in questa bisettrice, passare dal monitoraggio delle performance (KPI) e dell’identificazione dei rischi (KRI) alle strategie conseguenti. Oggi il dibattito si concentra soprattutto, appunto, non più nella sola gestione del rischio, ma soprattutto nella prevenzione del concetto di rischio.Tale identificazione genera il raffronto dei due indicatori in cui vengono messi a confronto le prestazioni attuali, quelle che si vogliono e quelle potenzialmente prevedibili e dove bisogna intervenire per migliorare l’infrastruttura. Ovvero possono essere utilizzati per gestire meglio il rischio e implementate il risk management attraverso contromisure. Queste ultime valutano anche la gestione della crisi e della criticità nel tempo. Da questo punto di vista più velocemente viene omologato un rischio, più è facile l’identificazione preventiva dei processi di business. Sensibilizzare il comparto di energy management a tali temi vuol dire avvicinare le aziende al concetto di sicurezza partecipata e porsi prima di tutto come azienda che genera anche altre business opportunity.

Ad esempio la consapevolezza che l’ingresso di tecnologie IoT, Intelligenza artificiale e 5G possano essere delle svolte epocali sul nostro modo di comunicare ci da maggiore capacità di capire che a una maggiore velocità corrisponde una maggiore vulnerabilità. Questo approccio globale ci dà anche, ad esempio, una maggiore capacità di riduzione dei consumi con un migliore approccio al contrasto sul cambiamento climatico e sull’uso razionale dell’energia. Se infatti un tipico audit energetico si basa su dei livelli ben definiti come raccolta dati, abilitazione di un sistema di quantificazione, creazione dei sistemi di monitoraggio, inserendo i 2 livelli di cui sopra si giunge a generare dei parametri di prestazione che permettono di evitare attacchi provocando una serie di problemi sulla rete dei servizi a partire dalle difficoltà di accesso agli archivi dei clienti, fino ai ritardi nell’erogazione dei servizi e ai problemi dei dipendenti su personal computer e telefoni.

Marco Santarelli

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