Fonti Pulite

Green energy: cos’è e come funziona l’energia pulita

Il termine fa riferimento alle fonti rinnovabili, capaci di ridurre in maniera decisiva le emissioni climalteranti

Pubblicato il 07 Lug 2022

fonti pulite

Green Energy, dall’inglese energia verde, è il termine con cui si fa riferimento all’energia prodotta da fonti rinnovabili. Si tratta di fonti inesauribili, gli esempi più classici sono sole e vento, che si rigenerano alla stessa velocità con cui si utilizzano.

Cosa si intende per energia pulita?

L’immediata disponibilità delle fonti rinnovabili non richiede ulteriori interventi di estrazione o trasformazione, come invece succede con le fonti fossili tra cui petrolio e carbone, e ciò fa sì che il processo produttivo dell’energia sia a ridotto impatto ambientale. È indubbio che bisogna fare attenzione al tipo di tecnologia adoperato – tecnologie più innovative sono sicuramente più efficienti – e all’impatto su flora e fauna, ma se si guarda all’intero ciclo di vita l’utilizzo delle fonti rinnovabili è, in linea generale, di gran lunga meno inquinante delle più tradizionali fossili. Inoltre, la possibilità di combinare tra loro tecnologie diverse, ad esempio solare fotovoltaico ed eolico, favorisce la produzione localizza di energia a scapito della più costosa e inquinante importazione. Difatti, l’energia rinnovabile rappresenta un’alternativa concreta già oggi per puntare a ridurre le emissioni climalteranti, sia a livello Paese che su più larga scala, e a contenere gli obiettivi internazionali di innalzamento della temperatura globale fissati, e imboccare la strada della transizione verde.

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Quali sono le principali fonti di energia rinnovabili?

Di seguito una breve descrizione che vuole essere esaustiva di quelle che sono le energie rinnovabili più diffuse: idroelettrica, solare fotovoltaica e solare termica, eolica e micro-eolica, geotermica e marina.

Energia idroelettrica

Nella storia dell’umanità, la prima fonte di energia rinnovabile adoperata è stata quella idroelettrica: dai mulini impiegati dagli egizi prima, ai greci e romani poi, si è arrivati alle moderne centrali.

Se immaginiamo di seguirne il flusso, l’acqua è intercettata da un’opera di sbarramento, comunemente una diga, per arrivare nell’invaso, che può essere un serbatoio o un bacino idroelettrico. Da qui, attraverso canali e gallerie di derivazione, giunge in vasche di carico e prosegue, scorrendo in condotte forzate, fino a raggiungere le turbine idroelettriche. La forza della corrente aziona le turbine e genera energia meccanica, trasformata in elettricità dal generatore elettrico rotante che vi è direttamente collegato. Ultimo passaggio quello attraverso il trasformatore, che consente di abbassare l’intensità e innalzare la tensione prima dell’immissione dell’elettricità nella rete di trasmissione. Per essere utilizzata da utenze domestiche e industriali l’elettricità subisce il processo inverso: si rialza l’intensità e si abbassa nuovamente la tensione.

Esistono tre tipologie di centrale, distinte in base alla fonte utilizzata:

· se si sfrutta la portata naturale di un corso d’acqua, ossia il salto tra due livelli differenti, si parla di centrali ad acqua fluente;

· nel caso delle centrali a bacino è utilizzato un serbatoio a monte che può essere naturale, ad esempio un lago, o artificiale, una diga;

· quando i serbatoi sono due, si trovano a monte e a valle dell’impianto e il secondo è usato come riserva energetica, si parla di centrali ad accumulazione.

Energia solare e termica

L’energia del Sole emessa sotto forma di radiazione solare consente di produrre sia energia elettrica che termica grazie a tre distinte tecnologie.

· La prima, la più nota, è quella del solare fotovoltaico: in questo caso si usano pannelli fotovoltaici la cui componente principale è rappresentata dai moduli di celle fotovoltaiche. Le più comuni sono in silicio monocristallino, policristallino e a film sottile. Il silicio è il materiale semiconduttore capace di genere un flusso di corrente elettrica grazie al movimento degli elettroni e a trasformare le radiazioni solari in energia elettrica.

· Nel secondo caso, quello del solare termico, l’impianto è dotato di un collettore termico che permette di sfruttare la radiazione solare per produrre acqua calda sanitaria o per riscaldare gli ambienti. Una volta raggiunta la giusta temperatura, il fluido termovettore contenuto all’interno del collettore circola nell’impianto e distribuisce calore nelle zone desiderate.

· Ultimo e, forse, meno noto è il solare termodinamico che combina un impianto solare termico alla pompa di calore, tecnologia spesso citata quando si parla di elettrificazione e decarbonizzazione dei consumi. Questo è l’unico caso in cui l’impianto funziona durante l’intero arco della giornata (e dell’anno): la tecnologia della pompa di calore subentra quando l’energia solare non è disponibile e garantisce il pieno funzionamento dell’impianto.

Il costo affrontato per l’installazione può essere ammortizzato in genere nell’arco di cinque o sei anni, sfruttando anche i diversi bonus e sgravi fiscali di volta in volta messi a disposizione dal Governo. Naturalmente, la produzione è intermittente, subisce gli effetti delle variazioni di irraggiamento o la presenza di fogliame, a meno che non si abbini un sistema di accumulo.

Energia eolica

L‘energia eolica sfrutta l’energia cinetica prodotta dalla differenza di pressione sulla superficie terrestre, legata alla differenza di temperatura della Terra a seconda della latitudine e dell’ora del giorno. L’impianto eolico, che può superare i 120 metri, è composto da un albero su cui poggiano un sistema di pale dalla forma aerodinamica, un rotore e un generatore elettrico. Parte dell’energia cinetica del vento è sottratta dalle pale eoliche che azionano, grazie al movimento rotatorio, il generatore. Quest’ultimo, che al suo interno contiene una dinamo, trasforma l’energia cinetica prima in meccanica e poi in elettrica.

L’impianto eolico è detto onshore se installato a terra, off-shore se in mare aperto e near-shore se presente entro i dieci chilometri dalla costa. In media, la durata di vita utile è stimata attorno ai 25 anni, la collocazione in zone ampie e particolarmente ventose ne favorisce la produttività. La sua costruzione attira il malumore delle comunità locali e genera il cosiddetto effetto Nimby-Not in my backyard, soprattutto per l’impatto estetico sul territorio e per l’uccisione di volatili.

Micro eolico

Quando l’impianto eolico non supera i 30 metri è detto micro eolico o mini eolico. La sua realizzazione è piuttosto semplice: occorre dotarsi di un aerogeneratore – composto da pale in fibra di carbonio, braccetti, alternatore a magneti permanenti, viterie – inverter, controller, resistenze di frenatura e palo. Per monitorare il vento, e sfruttare le condizioni migliori, è possibile dotarsi di anemometri e accessori per il monitoraggio.

Si parla di micro eolico nel caso l’impianto sia impiegato in una singola utenza, che auto produce l’energia di cui necessita e spesso non è collegata alla rete elettrica. In questo caso, ed è una differenza importante rispetto all’eolico, si possono richiedere i certificati verdi, o CV, titoli negoziabili rilasciati dal Gestore dei servizi energetici, GSE, in misura proporzionale all’energia rinnovabile prodotta, a patto che l’impianto sia entrato in esercizio prima del 31 dicembre 2012.

Energia geotermica

All’interno della sfera terrestre, nelle profondità del pianeta, si nasconde l’energia geotermica, frutto dei processi di decadimento nucleare all’interno del nucleo, del mantello e della crosta terrestre di elementi radioattivi quali uranio, torio e potassio. I vettori fluidi presentano temperature più elevate man mano che la profondità aumenta: in media, ogni 100 metri di profondità l’acqua o il vapore sono più caldi di 3°C. In determinate zone, ma si tratta di anomalie, possono esserci gradienti più alti della media, fino a 12°C ogni 100 metri.

Presente naturalmente nel sottosuolo, l’energia termica fluisce dal serbatoio geotermico fino alla superficie in due modi: spontaneamente nel caso di geyser, sorgenti termali o soffioni. A seconda della profondità della sorgente, si distingue in:

· sorgente idrotermica: la più “superficiale” e sfruttata, si colloca tra i 1.000 e i 2.000 metri di profondità e può presentarsi sotto forma di acqua o vapore. Solo in questo caso si parla di geotermia a bassa entalpia;

· sorgente geopressurizzata: l’acqua presente tra i 3.000 e i 10.000 metri, profondità a partire dalla quale si parla di alta entalpia, raggiunge una temperatura di 160°C e pressione di 1.000 atm. In questi serbatoi possono esserci ingenti quantità di metano;

· sorgente petrotermica o “Hot dry rock”: oltre i 10.000 metri si trovano prevalentemente rocce calde senza acqua, per questo di difficile sfruttamento nonostante conservino oltre l’80% di riserve geotermiche.

L’energia geotermica può anche essere estratta artificialmente attraverso pozzi geotermici costruiti tramite perforazione meccanica. Sono tre i tipi di impianto che si possono costruire per sfruttare questa fonte rinnovabile:

· la tecnologia più antica è quella a vapore secco, che prevede di trasportare alla centrale geotermoelettrica tramide vaporodotti il vapore estratto direttamente dalle fratture presenti nel terreno. Questo serve per azionare una turbina che trasforma parte del contenuto energetico del vapore in energia meccanica, a sua volta trasformata in energia elettrica da un generatore di corrente;

· quando l’acqua bollente e ad alta pressione è trasformata in acqua più fredda e a bassa pressione si è in presenza di una centrale flash;

· nella centrale binaria l’acqua bollente, con un punto di ebollizione elevatissimo, scorre accanto a un secondo fluido, con un punto di ebollizione inferiore, che si trasforma in vapore e aziona la turbina della centrale.

La Toscana è la regione più florida quando si parla di energia geotermica: il primo generatore è stato costruito nel 1904. Anche questa fonte rinnovabile attira, però, il malumore della comunità locali, preoccupate dai potenziali effetti negativi sull’ambiente.

Energia marina

Non ultima l’energia marina, anche detta oceanica o pelagica a seconda che ci si riferisca all’acqua di mari o oceani. Anche in questo caso, esistono tecnologie differenti: dai dispositivi capaci di sfruttare il movimento delle onde e delle maree, per produrre energia meccanica e poi elettrica, alle tecnologie in grado di catturare l’energia chimica contenuta nelle acque che presentano temperature e gradi di salinità diversi. Considerata una tecnologia emergente, per favorirne la diffusione bisognerà superare alcuni ostacoli, legati in particolare al collegamento alla rete energetica, all’affastellamento burocratico e alla difficoltà di accesso ai finanziamenti pubblici e privati.

I benefici invece? Potrebbero essere molteplici, al pari delle altre fonti rinnovabili. Da citare, la protezione delle coste in aree a forte sviluppo costiero o l’autonomia energetica delle isole, spesso dipendenti da centrali termoelettriche inquinanti e dispendiose.

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Ivonne Carpinelli
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