Speciale COP26

COP26: l’addio ai sussidi alle fossili e gli impegni sul carbone spingono la transizione energetica

La giornata dedicata all’energia della conferenza sul clima di Glasgow ha visto una serie di importanti annunci. Cosa si muove invece sul nucleare e sull’efficienza energetica

Pubblicato il 05 Nov 2021

Il 4 novembre è stato il giorno dell’energia alla COP26 di Glasgow e, per una volta, i risultati non hanno deluso le attese della vigilia. Sono infatti arrivati degli impegni estremamente concreti sul fronte dell’abbandono delle fonti fossili nel settore energetico, che a loro volta sono responsabili di buona parte delle emissioni globali. Innanzitutto 28 diversi paesi hanno assunto nuovi impegni per eliminare gradualmente l’energia dal carbone, inclusi cinque dei primi 20 paesi al mondo che ancora la impiegano. Tra questi ci sono Indonesia, Vietnam, Polonia, Corea del Sud, Egitto, Spagna, Nepal, Singapore, Cile e Ucraina, che entrano così a far parte della Powering Past Coal Alliance, lanciata e co-presieduta da Regno Unito e Canada, che già riuniva più di 160 paesi.. Questi Paesi hanno infatti sottoscritto una nuova dichiarazione, in cui si sono anche impegnati ad aumentare l’energia pulita e ad assicurare una transizione giusta dal carbone. In una serie di annunci separati, India, Indonesia, Filippine e Sudafrica hanno annunciato partnership con i Climate Investment Funds per accelerare le loro transizioni dall’energia a carbone, supportate da un impianto dedicato da 2 miliardi di dollari. L’Indonesia e le Filippine hanno annunciato partnership con la Banca asiatica di sviluppo per sostenere il prepensionamento delle centrali a carbone. Tutto questo a testimonianza di come il Phase out dal carbone sia ormai un tema di interesse anche per i Paesi in via di Sviluppo, nonostante la comprensibile fame di risorse energetiche e le difficoltà indotte dalla pandemia.

La fine dei finanziamenti per il carbone

Un ulteriore ridimensionamento del carbone arriva da un secondo annuncio: le principali banche internazionali (tra cui HSBC, Fidelity International ed Ethos) si sono impegnate a porre fine efficacemente a tutti i finanziamenti pubblici internazionali rivolti verso le centrali nuova energia a carbone già entro la fine del 2021. Recentemente Cina, Giappone e Corea del Sud avevano deciso di mettere fine ai finanziamenti esteri del carbone, dunque ora tutti i finanziamenti pubblici internazionali significativi per l’energia a carbone appaiono effettivamente terminati. Fattore che dovrebbe ostacolare non poco, nel futuro, la realizzazione di questo tipo di centrali da parte dei rimanenti Paesi interessati, tra cui ad esempio la Cina, dati i costi e gli investimenti necessari per realizzarle. Un trend, quello dell’addio al carbone, che era già in atto: si è infatti osservato un calo del 76% nel numero di nuove centrali a carbone pianificate a livello globale negli ultimi sei anni dall’adozione dell’accordo di Parigi. Un dato che equivale alla cancellazione di oltre 1000 GW di nuove centrali a carbone.

La fine del sostegno finanziario alle fossili

Oltre all’addio al carbone, la notizia del giorno è stata la decisione di almeno 25 paesi e istituzioni di finanza pubblica (tra cui Italia, Canada, Stati Uniti e Danimarca) a porre fine al sostegno pubblico internazionale al settore dell’energia da combustibili fossili entro la fine del 2022, privilegiando invece il sostegno alla transizione verso l’energia pulita. Complessivamente, questo impegno potrebbe spostare circa 17,8 miliardi di dollari l’anno di sostegno pubblico dai combustibili fossili alle energie rinnovabili. Secondo molti osservatori, si tratta di un passo storico: in maniera incoerente, infatti, sinora nel mondo Governi e istituzioni hanno preso impegni sulla transizione energetica e la decarbonizzazione, continuando però con l’altra mano a finanziare le fonti fossili.
Ovviamente questi impegni dovranno poi essere effettivamente tradotti in pratica nei prossimi anni, ma è lecito mantenere un certo ottimismo: secondo quanto dichiarato da Faith Birol, numero uno della iea, i nuovi obiettivi aggiunti in questi giorni – in aggiunta a quelli fatti in precedenza – potrebbero consentire di contenere l’aumento delle temperature globali a 1,8 °C entro la fine del secolo, ancora lontano dall’obiettivo degli 1,5 gradi ma al di sotto dei 2 °C.

Il possibile ruolo del nucleare

Ovviamente le discussioni intorno all’energia alla COP26 hanno interessato anche altre fonti di energia. A partire dal nucleare, una fonte che, nonostante alcune dichiarazioni recenti del ministro Cingolani, in Italia resta ancora tabù. Nel resto del mondo, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, l’energia atomica sembra destinata ancora a giocare un ruolo per la decarbonizzazione: la AIEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica) ha recentemente pubblicato rapporti che descrivono in dettaglio il ruolo della scienza e della tecnologia nucleare nell’adattamento ai cambiamenti climatici e dell’energia nucleare nel raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi e dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Alla COP26, l’Agenzia ha tenuto alcune sessioni, cercando di evidenziare come il nucleare possa essere ancora considerata una risorsa utile per realizzare un mondo a zero emissioni nette. Secondo la AIEA il nucleare oggi fornisce più di un quarto dell’energia pulita globale, evitando nell’ultimo mezzo secolo il rilascio di oltre 70 giga-tonnellate di gas serra. La tesi è che, senza l’energia nucleare, molte delle più grandi economie del mondo mancherebbero della loro principale fonte di elettricità pulita. Una tesi che, ad esempio, è sostenuta anche dalla Francia di Macron.

Le prospettive delle rinnovabili

Sulle rinnovabili, come abbiamo già raccontato in questo articolo, il consenso in sede alla Cop36 appare solido. Entro il 2030, l’energia rinnovabile dovrebbe raggiungere i 10 770 GW a livello globale, quasi quadruplicando l’attuale capacità. L’abbondanza di risorse rinnovabili in tutto il mondo rende queste fonti ovunque un’opzione scalabile, anche se occorrerà superare alcuni vincoli infrastrutturali e tecnologici, primo tra tutti la realizzazione di reti elettriche di nuova generazione, capaci di accogliere la crescente produzione intermittenti di fonti come eolico e fotovoltaico. La crescita delle rinnovabili permetterà di rendere sostenibile un altro trend su cui il mondo deve necessariamente puntare per la decarbonizzazione, ovvero l’elettrificazione, cioè l’uso dell’elettricità come vettore energetico (ad esempio al posto dei carburanti usati nei trasporti). Per fare questo serviranno tanti investimenti, stimati da Irena in 131 miliardi di dollari da qui al 2050: un piccolo ma importante tassello lanciato a Glasgow è rappresentato dalla Energy Alliance for People and Planet (GEAPP), che si propone di accelerare gli investimenti nelle transizioni di energia verde e soluzioni di energia rinnovabile nelle economie emergenti di tutto il mondo. La nuova alleanza, composta da The Rockefeller Foundation, IKEA Foundation e Bezos Earth Fund, mira a sbloccare 100 miliardi di dollari di capitale pubblico e privato nel prossimo decennio, favorendo un crescente utilizzo delle rinnovabili al posto del carbone e favorire l’accesso sostenibile all’elettricità delle comunità oggi ancora escluse.

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Gianluigi Torchiani

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