Ricerche

Dal Mise la fotografia del sistema energetico nazionale: le rinnovabili non vanno oltre il 20%

La relazione annuale del Ministero dello Sviluppo economico segnala un limitato aumento dell’incidenza delle fonti pulite sui consumi finali lordi di energia, frutto però soprattutto del decremento delle spese per i carburanti nel 2020

Pubblicato il 30 Ago 2021

Un mondo dell’energia in piena trasformazione, ma con ancora tanta strada da percorrere in vista di una piena decarbonizzazione: queste le principali indicazioni che arrivano dalla lettura Relazione annuale sulla situazione energetica nazionale del Ministero dello Sviluppo economico che, come sempre, si rivela essere una preziosa miniera di informazioni per comprendere la direzione che sta prendendo il settore. Che nel 2020, a livello globale, è stato inevitabilmente influenzato dall’andamento della pandemia: basti pensare che le quotazioni del petrolio hanno registrato un calo del 35%, con il Brent arrivato a valutazioni al di sotto dei 20 dollari al barile in aprile. La stessa domanda del gas naturale è calata del 2% trascinando i prezzi ai minimi dell’ultimo decennio.

A livello nazionale, come abbiamo raccontato più volte su EnergyUp, la forte contrazione dell’economia italiana (-8,6%) ha pesato non poco sul settore energetico nazionale: la domanda primaria di energia (in termini di disponibilità energetica lorda) è diminuita per il terzo anno consecutivo, registrando una flessione del 9,2%. Tra il 2019 e il 2020, la composizione percentuale delle fonti energetiche sul totale della domanda primaria ha registrato un aumento del contributo percentuale del gas naturale (dal 38,5% al 40,6%), delle rinnovabili e bioliquidi (dal 18,7% al 20,2%) mentre è diminuito il ruolo del petrolio e dei prodotti petroliferi (dal 35,8% al 33,1%), dei combustibili solidi (dal 4,1% al 3,3%) e dell’energia elettrica (dal 2,1% al1’1,9%).

Migliora l’indipendenza energetica

Lo studio conferma la dipendenza del nostro Paese da fonti di approvvigionamento estere, sebbene la situazione registri un leggero miglioramento: la quota di importazioni nette rispetto alla disponibilità energetica lorda, un indicatore del grado di dipendenza del Paese dall’estero, è diminuita nel 2020, passando dal 77,9% del 2019 al 73,4%. In leggero aumento, invece, le produzioni nazionali di fonti energetiche, che sono passate 36.910 Ktep a 37.258 Ktep, di cui 26.985 Ktep provenienti da fonti energetiche rinnovabili (72% del totale). 

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Per quanto riguarda l’elettricità, la relazione conferma il forte calo della domanda (-5,6%), che è stato ancora in maggioranza (58,5%) assicurato dal termoelettrico tradizionale a fonti fossili. Abbastanza deludenti, invece, i numeri delle rinnovabili elettriche, per le quali è stata registrata una sostanziale stabilità tra il 2019 e il 2020: infatti per la fonte idroelettrica da apporti naturali c’è stato un incremento dello 0,8%, l’eolico ha registrato un calo del 7,4% bilanciato da un incremento della produzione fotovoltaica del 5,3%. In termini di capacità, la potenza di generazione lorda installata in Italia al 31 dicembre 2020 è stata pari a 120,4 milioni di kW (GW). Il 53,1% di tale potenza è rappresentato da centrali termoelettriche (64 GW), il 19,2% da centrali idroelettriche (23,1 GW) ed infine, il 27,7% da impianti eolici, fotovoltaici e geotermoelettrici (circa 33,4 GW). Gli investimenti in nuovi impianti a fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica sono comunque statu in calo nel 2020 rispetto a quelli rilevati nel 2019, con valori intorno a 1,1 miliardi di euro.

Un’incidenza ancora limitata delle rinnovabili

Allargando lo sguardo al settore energetico nel suo complesso, si rileva un aumento dell’incidenza delle fonti pulite sui consumi finali lordi di energia, passati dal 18,2% al 20%, ma questo dato può essere letto come una conseguenza della pandemia e- in particolare – del decremento dell’utilizzo di carburanti nei trasporto, in buona parte ancora basato sui combustibili fossili. Insomma, molto c’è da fare per una completa decarbonizzazione dell’energia. In positivo, il report segnala il crescente utilizzo del biometano, la cui produzione nazionale è passata dai 50 milioni di metri cubi del 2019 ai 99 del 2020. Oltre alla crescita del biometano, si segnala anche il progresso del GNL come carburante nei trasporti pesanti che nel 2020 è pari a 165 milioni di metri cubi (+30 milioni di metri cubi
rispetto al 2019). Inoltre, il Mise segnala come oltre il 70% della rete dei metanodotti SNAM siano pronti a trasportare idrogeno. 

Buone notizie anche per quanto riguarda l’efficienza energetica: i risparmi energetici conseguiti nel 2020 sono stati pari a 5,4 Mtep, consentendo di raggiungere un risparmio cumulato di 23,2 Mtep per il periodo 2014-2020. Sono inoltre stati consolidati molti degli strumenti impiegati negli ultimi anni come, ad esempio, i certificati bianchi e le detrazioni fiscali per la qualificazione energetica degli edifici.

Dati confortanti sulla povertà energetica

Infine il documento ha il merito di accendere i riflettori sulla spesa energetica di famiglie e imprese: si scopre così che nel 2020 in Italia la spesa energetica della famiglia tipo è ammontata a 2.790 euro (con una riduzione di 369 euro rispetto al 2019) ed è riconducibile per il 49% all’acquisto di carburanti (meno 153  euro), per il  33% alla bolletta per il gas (in riduzione di 141 euro) e per il 17% alla bolletta elettrica (in decremento di 75 euro). Nello stesso anno la famiglia tipo ha contribuito con 144 euro, ovvero con il 5% della propria spesa energetica complessiva, alla promozione della sostenibilità (come ad esempio gli incentivi alle rinnovabili). Una notizia confortante è la diminuzione della crescita delle famiglie in stato di povertà energetica:  in termini assoluti, il numero è diminuito a quota circa 2,2 milioni (oltre 100 mila in meno rispetto all’ultima rilevazione), dopo 5 anni di crescita ininterrotta. Per quanto riguarda le imprese, i prezzi italiani dell’energia elettrica, al netto di imposte e tasse, risultano penalizzanti per tutte le classi di consumo, con particolare evidenza per le imprese con consumi superiori ai 2.000 MWh.

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